Il decoro urbano di Monreale? “Basterebbe poco per migliorarlo”

Redazione

Cronaca - Il commento

Il decoro urbano di Monreale? “Basterebbe poco per migliorarlo”
Per l’architetto monrealese il tema dell’arredo urbano rientra fra i fattori determinanti per costruire l’identità di una città

18 Ottobre 2021 - 12:07

Riceviamo e pubblichiamo uno scritto dell’architetto monrealese Giulia Pellegrino sul decoro urbano, la capacità di osservare e curare la città. Per l’architetto monrealese il tema dell’arredo urbano rientra a pieno titolo fra i fattori determinanti che contribuiscono a costruire l’identità di una città e del suo territorio.

Un motto coniato dall’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe che reputo un faro sempre acceso per le scelte da intraprendere. Tre parole (ossia “il meno è più”, il meno è meglio), che racchiudono una rivoluzione nel linguaggio, una ricerca che tende alla semplificazione, alla chiarezza, all’ordine, all’essenza di un edificio e di uno spazio.

Non pensiamo che calzi a pennello anche con il decoro urbano? Molto spesso si fa l’errore di pensare che l’architettura e tutto ciò che ruoti attorno ad essa, sia mero estro, arbitrarietà e fantasia. Nulla di più sbagliato. L’architettura è una forma di conoscenza della realtà da cui non può mai prescindere. È il risultato di un percorso razionale che procede di scelta in scelta, dalla complessità all’essenzialità, fino al punto in cui nulla può essere aggiunto e nulla tolto. È riconoscere e far venir fuori l’essenza e il pregio dei luoghi. E Monreale quindi? Osserviamo i nostri spazi. Come li vediamo? Ci piacciono? Mi piacerebbe che tutti, mentre camminiamo o sediamo, provassimo a togliere, con il nostro sguardo, il superfluo che ci circonda riducendo gli spazi in cui ci troviamo alla loro struttura. A ciò che sono. Per esempio, abbiamo mai fatto caso ai prospetti? Alzando lo sguardo, prima del cielo, ci sono i prospetti che rappresentano la quinta di scena delle nostre vite.

In tal senso i prospetti non sono privati, ma pubblici e fanno la città. Ne abbiamo ancora molti di qualità con fregi barocchi, cornicioni dei primi del novecento, architravi con stemmi di famiglie, anche i meno opulenti erano stati comunque creati con sobria cura. Eppure, non li osserviamo più! Per distrazione o per abitudine ai luoghi o perché caricati di insegne o fatti susseguire da palazzine banali non li notiamo più. Così la distrazione genera incuria e abitudine alla stessa. Sarebbero chiaramente opportuni diversi strumenti urbanistici e amministrativi volti alla tutela e alla valorizzazione come il piano del colore, una valutazione a monte delle insegne dei negozi, una progettazione accurata dei nuovi fronti ma, già, cambiare il nostro sguardo verso le cose fa tanto per comprendere.

Spostando poi l’attenzione sulle strade, succede che, queste, così come le piazze, siano piene (“ingozzate”) di contenitori, vasi, fioriere, spartitraffico, portavasi, griglie, piante, piantine, pallet, botti vinicole, oggetti che esprimono l’ammirevole volontà del singolo a contribuire ma che non risultano né coordinati né idonei al contesto per scala, tipologia, colori e materiali. Poi ci sono macchine in ogni anfratto, in ogni senso, in ogni modo e immondizia. Il decoro sembra lontano. “Utopico” qualcuno ha anche detto. Recinti su recinti. Oggetti su oggetti. Basta togliere. Basta poco. O meglio, basterebbe poco e, per l’immensa fortuna che abbiamo ereditato, basterebbe ancor meno. Quel meno che restituirebbe pulizia e bellezza agli stessi spazi dal valore immenso.

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