“Quando Pio La Torre faceva i suoi comizi in piazza a Monreale”

Redazione

Cronaca - Il ricordo

“Quando Pio La Torre faceva i suoi comizi in piazza a Monreale”
Roberto Gambino, coordinatore de Il Mosaico, racconta la figura del grande politico ucciso dalla mafia 38 anni fa

30 Aprile 2020 - 18:13

Di Roberto Gambino. Ricorre oggi il 38 anniversario della morte di Pio La Torre ucciso il 30 aprile del 1982 mentre si trovava in auto insieme a Rosario Di Salvo. “Vorrei ricordarlo con la forza e la capacità di stare dalla parte “giusta” che sempre ha contraddistinto il pensiero e, soprattutto, l’azione di La Torre – dice Roberto Gambino, coordinatore de Il Mosaico –  Oggi, in un contesto come quello che stiamo vivendo in cui la pandemia, di fatto, ci sta limitando nelle nostre libertà sociali, di lavoro, di impresa e anche affettive e in un momento in cui l’Italia, l’Europa ed il Mondo si scoprono fragili, confusi e spaesati, dove da “una società liquida” ci si è trovati di colpo proiettati in una “società sotto vuoto spinto”, surreale in cui l’unico addentellato “alla realtà” sembra rimanere il mondo virtuale…appunto, oggi, Pio La Torre cosa avrebbe detto e, soprattutto, cosa avrebbe fatto? Per i più giovani (e non solo) ricordiamo sinteticamente chi è stato e cosa ha rappresentato Pio La Torre”.

Chi lo ha conosciuto direttamente ha sempre sottolineato la statura etica di La Torre. La capacità di combattere le ingiustizie sociali, di fare battaglie popolari senza populismi, di avere una visione ampia e di sistema, legata ad azioni concrete e capaci di incidere nei diversi contesti, sono caratteristiche che lo facevano apprezzare non solo dentro il suo partito. “Chi ha visto i suoi comizi in Piazza a Monreale ricorda la sua schiettezza e la capacità di indicare chiaramente i responsabili delle questioni più spinose del territorio – prosegue Gambino – I suoi interventi da Consigliere Comunale a Monreale erano improntati all’innovazione in un territorio schiacciato esclusivamente sulla speculazione edilizia e incapace di cogliere la sua vocazione agricola e turistica. L’agricoltura, modernizzata e di qualità, era un suo chiodo fisso”.

“Oggi, in epoca di coronavirus, sono convinto che, in una situazione come quella che stiamo vivendo, la sua preoccupazione sarebbe tesa a trovare soluzioni concrete per chi, più di tanti altri, rischia di vedere andare in fumo i sacrifici di una vita per lo stop, “fisiologico” ancorché per decreto, del turismo – conclude Gambino – Al contempo, si batterebbe in Europa per rivedere i trattati che regolamentano le filiere produttive, specie in agricoltura, e lavorerebbe per un piano nazionale e regionale per il rilancio strategico, in questo contesto, dell’agricoltura e delle filiere collegate. Infine, ma non per ultimo, il suo impegno si sarebbe diretto ad evitare speculazioni sul bisogni emergenti e al contrasto delle organizzazioni mafiose e, oggi, massonico-mafiose. E mi piace pensare che, con la sua corporatura imponente e la sua forza etica, si sarebbe alzato come un muro invalicabile per quei mafiosi che stanno beneficiando di “scarcerazioni facili”. Lui, ne sono convinto, avrebbe indicato (come nei comizi in Piazza a Monreale) responsabili e falle nel sistema giuridico e/o politico-giudiziario ma, contemporaneamente, avrebbe cercato alleanze politico-istituzionali per porre rimedio ed evitare simili scempi, oltraggio alla memoria di chi, come lui, ha perso la vita per contrastare il crimine organizzato”.

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