“Non ingannò gli elettori”: la Cassazione assolve Salvino Caputo

Redazione

Cronaca - La sentenza

“Non ingannò gli elettori”: la Cassazione assolve Salvino Caputo
"Non ingannò gli elettori. Non ci sono indizi così forti da giustificare la misura cautelare"

16 Aprile 2019 - 09:30

“Non ingannò gli elettori. Non ci sono indizi così forti da giustificare la misura cautelare”. Così si legge nelle motivazioni depositate dalla Cassazione relative all’udienza dello scorso 20 dicembre sull’arresto di Salvino Caputo, ai tempi nel gruppo “Noi con Salvini”, oggi candidato sindaco a Monreale con una lista civica e l’appoggio di Forza Italia. La Suprema corte ha respinto il ricorso della Procura di Termini Imerese che chiedeva il ripristino dei domiciliari per Caputo in relazione all’accusa di voto di scambio alle amministrative del 2018.

Secondo la Procura siciliana, Caputo avrebbe ingannato gli elettori per aver fatto candidare all’Ars il fratello Mario al posto suo, e averlo sostenuto giocando sull’equivoco della parentela, dopo essere stato dichiarato incandidabile dalla legge Severino a seguito della condanna a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio per aver cercato di cancellare delle multe quando era sindaco.

Caputo era finito ai domiciliari il 3 marzo 2018, e la misura era stata annullata dal riesame di Palermo il 20 aprile. Ad avviso del pm di Termini, le condotte ingannevoli commesse da Caputo consisterebbero nell’aver ufficializzato la candidatura del fratello Mario affiancandogli il soprannome di “Salvino” “con cui veniva comunemente identificato lui e non il fratello Mario”, nella diffusione di volantini con la sola scritta Caputo, nell’aver condotto “una campagna elettorale in proprio e non in nome del fratello presentandosi o facendo credere di essere il vero candidato”.

Per la Cassazione, questi indizi non sono sufficienti perché “plurimi elementi indicano che Salvatore Caputo si era vigorosamente impegnato a favore del fratello”, esistevano anche volantini con l’indicazione del nome Mario Caputo e comunque l’indicazione del solo cognome del candidato “non costituisce una falsa indicazione di elementi identificativi”.

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