Mafia, maxi sequestro da 150 milioni al re della grande distribuzione palermitana

Redazione

Cronaca - Operazione "Schiticchio"

Mafia, maxi sequestro da 150 milioni al re della grande distribuzione palermitana
Il 55enne palermitano Carmelo Lucchese secondo i magistrati della Dda sarebbe un imprenditore vicino ai boss

18 Febbraio 2021 - 08:53

Sequestro da 150 milioni di euro all’imprenditore della grande distribuzione Carmelo Lucchese che attraverso una società milanese, La Gamac, gestisce 13 supermercatiPalermo e provincia. Il 55enne palermitano secondo i magistrati della Dda sarebbe un imprenditore vicino ai boss. Il tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della procura della Repubblica ha emesso il provvedimento di sequestro patrimoniale eseguito dai finanzieri del Comando provinciale di Palermo.

Nell’imponente operazione sono stati impegnati oltre 100 militari del Nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo che hanno cautelato un rilevante compendio aziendale, quote societarie, 7 immobili, 61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative; 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan. Oggetto del sequestro è in particolare la società Gamac Group Srl, con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese) che, come disposto nel provvedimento, viene contestualmente affidata ad un amministratore giudiziario nominato dal tribunale di Palermo, con il compito di garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per preservare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e della stessa utenza.

La ricostruzione della procura e della Dda e accolta dai giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del Gico di Palermo, ha consentito di evidenziare come Carmelo Lucchese, pur essendo incensurato, sia da ritenere un imprenditore colluso alla criminalità organizzata, posto che il medesimo, seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra. È stato necessario analizzare e riscontrare le precise e puntuali dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, nonché valorizzare in chiave unitaria le risultanze investigative raccolte in diversi procedimenti penali; tale complessa ricostruzione ha consentito di evidenziare strutturati contatti del proposto con la famiglia mafiosa di Bagheria, e far emergere i vantaggi “imprenditoriali” di cui ha potuto beneficiare nel tempo. L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL VIDEO

Alla luce delle penetranti investigazioni svolte dalle Fiamme Gialle palermitane, il tribunale ha ritenuto ricorrenti gli elementi per ritenere l’uomo un soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso, alla luce della vicinanza con esponenti di vertice della consorteria bagherese, grazie alla quale l’imprenditore è riuscito a
espandersi economicamente nel settore, acquisendo, avvalendosi di interventi di “Cosa nostra”, ulteriori attività commerciali; a scoraggiare la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento; a risolvere controversie sorte con alcuni soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando peraltro di una dilazione nei pagamenti; evitare il pagamento del “pizzo” nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione mafiosa della locale famiglia, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane di “Cosa nostra”.

In una logica di reciproco vantaggio, Lucchese ha remunerato con ingenti somme gli esponenti mafiosi, assumendo anche loro familiari nei propri punti vendita, quale riconoscimento del loro determinante intervento in momenti cruciali nel percorso di espansione commerciale dell’attività imprenditoriale. Inoltre, le ricostruzioni operate sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, hanno consentito agli specialisti del Gico di valorizzare anche la disponibilità manifestata dal Lucchese alla famiglia mafiosa di Bagheria di un appartamento per dare rifugio a Bernardo Provenzano nell’ultimo periodo della latitanza. Infatti proprio in coincidenza temporale con i più significativi interventi del sodalizio mafioso in favore della Gamac, si è registrato una crescita esponenziale della società, che si è trasformata dall’iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d’affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019. Tenendo conto della ricostruita risalente vicinanza al sodalizio criminale, il tribunale ha disposto il sequestro dell’intera attività imprenditoriale svolta dal Lucchese – qualificata come impresa mafiosa – e di tutto il patrimonio nella sua disponibilità.

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