Palermo, decapitata la famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù

Redazione

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Palermo, decapitata la famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù
Operazione "Stirpe" della polizia, preso il boss Salvatore Profeta

18 Gennaio 2016 - 00:00

Con l’operazione antimafia denominata “Stirpe” la Polizia di Stato di Palermo ha arrestato il capo e gli esponenti di vertice della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù. Nel corso dell’operazione sono stati eseguiti numerosi sequestri preventivi di beni e società riferibili al boss mafioso. I poliziotti della Squadra Mobile diretti dal Rodolfo Ruperti hanno eseguito otto provvedimenti cautelari, di cui sei di custodia in carcere, emessi dal Gip presso il Tribunale di Palermo, Alessia Geraci, su richiesta dei Pubblici Ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia Leonardo Agueci, Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Sergio De Montis. Contemporaneamente sono state sottoposte a sequestro preventivo tre attività di spedizione e di trasporto di merci, unitamente al complesso dei beni aziendali riconducibili all’associazione mafiosa. Le indagini della Sezione Criminalità Organizzata, iniziate dal 2012, grazie ad intercettazioni telefoniche, ambientali e tradizionali servizi sul territorio, hanno permesso di risalire gli equilibri ed i vertici della consorteria, nonché di documentare le attività criminali, di varia natura, gestite dal mandamento mafioso. Con l’operazione “Stirpe” è stata smantellata la linea di comando della storica famiglia mafiosa della ‘Guadagna’, al vertice della quale vi è il noto mafioso Salvatore Profeta. Il boss – indicato da alcuni collaboratori di giustizia come “uomo d’onore” della famiglia di Santa Maria di Gesù, sin dai tempi di Stefano Bontate, già condannato, più volte, per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti – era tornato in libertà nell’ottobre del 2011, a seguito della revisione della sentenza definitiva con cui era stato condannato all’ergastolo per la strage di via D’Amelio. Dopo diciotto anni di detenzione, una volta libero, ha immediatamente ripreso le redini del comando, anche grazie alla collaborazione dei suoi più stretti familiari. Il riconoscimento del suo ruolo e del suo “peso mafioso” è stato sin da principio incondizionato, avallato pure da altri esponenti mafiosi di spicco, che, come documentato dalle indagini, hanno affermato la posizione di supremazia di Profeta, sottoponendosi al “rito del bacio in fronte”. Dalle indagini é emerso anche il costante consenso popolare di cui ha potuto godere in modo incondizionato il capo famiglia, al quale spesso molti residenti del rione “Guadagna”, quartiere connotato anche da degrado e omertà,  si affidano per la composizione dei privati dissidi. Emblematico ciò che è accaduto ed è stato filmato in occasione della processione della ‘Madonna Dormiente’, durante la quale, il corteo religioso ha deviato il suo naturale percorso, in segno di riverenza, passando sotto il balcone dell’abitazione del mafioso. A Salvatore Profeta e agli altri destinatari delle misure cautelari sono stati contestati, a diverso titolo, i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, rapina e violenza privata, aggravata dall’essersi avvalsi delle condizioni tipiche dell’associazione mafiosa. "Il lungo periodo di carcerazione del boss – spiegano dalla Questura – non ha per nulla scalfito il controllo del mandamento, che è stato gestito per suo nome e per suo conto dagli altri soggetti colpiti oggi dalle ordinanze cautelari, primi fra tutti i suoi stretti congiunti". Tra questi, Rosario Profeta, nipote al quale lo zio aveva affidato la gestione degli affari e che in più occasioni ha dato dimostrazione di particolare spregiudicatezza, mostrando di non avere alcuna remora nell’uso delle armi. È lui il referente delle attività imprenditoriali della famiglia, che le gestisce per il tramite di altri individui. Altro soggetto di spicco, colpito dalla misura cautelare è il figlio di Salvatore Profeta, Antonino, il quale, arrestato la prima volta quando era ancora minorenne, ha avuto, da sempre, un ruolo di primo piano nella gestione delle estorsioni. Quest’ultimo, inoltre, insieme a Francesco Pedalino, genero di Profeta, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, è colui al quale sono affidate le pressanti richieste di denaro, accompagnate da ripetuti atti intimidatori, avanzate nei confronti di un importante imprenditore palermitano del settore della distribuzione alimentare. A disposizione del capo mandamento operano, con il compito di gestire la zona della via Oreto, Giuseppe Galati, già condannato per associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione e rapina, e Antonino Palumbo, suo braccio destro. I due, insieme a D.A. e a G.L. (sottoposti alla misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza) sono chiamati a rispondere di un altro episodio particolarmente grave, commesso, anche in questo caso, nell’interesse della famiglia mafiosa della Guadagna. I quattro sono stati responsabili della rapina ai danni di un’agenzia di posta privata, in occasione della quale i poliziotti della Squadra Mobile hanno arrestato in flagranza i due esecutori materiali. "Il delitto – aggiungono gli inquirenti – il cui bottino ammontava a circa 18 mila euro, venne compiuto con modalità particolarmente efferate: i criminali, entrati nell’agenzia armati di un coltello di grosse dimensioni, minacciarono inservienti e clienti, dopo aver trascinato con violenza all’interno del locale una donna che, in compagnia del figlioletto, entrava nell’ufficio postale". Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari, la la polizia, sta procedendo anche al sequestro di aziende del settore di trasporto e spedizione, di veicoli, beni questi riconducibili all’associazione mafiosa.

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