"Il Convitto Nazionale di Palermo. Dai Gesuiti a Giovanni Falcone"

Rosario Lo Cicero

Palermo

"Il Convitto Nazionale di Palermo. Dai Gesuiti a Giovanni Falcone"
Edito da Flaccovio, il libro racconta una Palermo culturalmente attiva e sensibile nei confronti dei più giovani

18 Gennaio 2016 - 00:00

Gaetano Basile e Giuseppe Cadili, entrambi giornalisti, hanno scritto a due mani, il libro “Il Convitto Nazionale. Dai Gesuiti a Giovanni Falcone” edito da Dario Flaccovio. Il volume, già presentato nella sede dello stesso Convitto, lo scorso 12 gennaio, racconta l’esperienza dei due Scrittori, un tempo lì studenti. Gaetano Basile, intervistato dal giornalista Rai Mario Azzolini, ha detto "Si veniva al Convitto Nazionale per insegnare ai picciriddi ‘anticchia ri (ai bambini un po’di) buona educazione. C’era un Rettore aggiunto che si occupava della buona creanza soprattutto quando ci si trovava in refettorio. Dopo la fase della buona creanza si scoprì che eravamo piuttosto laici e allora tutti fummo spediti dai Salesiani, “lì almeno non faranno cattive amicizie”, le ultime parole famose, l’80% dei miei compagni di scuola dai salesiani diventarono deputati democristiani, mafiosi e delinquenti accusati di associazione a delinquere. Di qui ho un ricordo bellissimo: le lezioni del maestro Cesare Alaimo, sono rimasto innamorato del fioretto". Mentre Giuseppe Cadilli ha voluto ricordare "L’idea di scrivere un libro sulla storia del Convitto, dove io come anche Gaetano ho studiato e dove adesso lavoro come educatore, è nata per caso. E’ nata per caso incontrando Gaetano a casa mia ed è venuto perché, per caso, in una stanza del Convitto abbiamo trovato dei decori arabi antichi che hanno portato da noi studiosi di tutto il mondo, Vittorio Sgarbi più di una volta, ma dalle Istituzioni il silenzio e in quella occasione, parlando, abbiamo scoperto che entrambi abbiamo frequentato il Convitto. Questo istituto è monumentale, è un pezzo di storia di Palermo e della sua cultura. Io sono venuto qui nel ’71 con grande orgoglio dei miei genitori perché anch’io, come Azzolini, vengo dalle Madonie. Qui c’erano soltanto ragazzi delle famiglie facoltose e il fatto che io avessi vinto la borsa di studio fu considerato un evento straordinario anche se nel libro racconto la sofferenza di un ragazzo di 11 anni che viveva lontano". Un libro sicuramente interessante che non potrà mancare nelle biblioteche di quanti amano ricordare una Palermo culturalmente attiva e sensibile nei confronti dei più giovani.

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