"Geki" Russo, 47 anni fa l'incredibile morte di uno dei piloti italiani con maggiore talento

Rosario Lo Cicero

Sport

"Geki" Russo, 47 anni fa l'incredibile morte di uno dei piloti italiani con maggiore talento
Legatissimo alla Sicilia, perse la vita per una serie incredibili di sfortunate coincidenze

18 Gennaio 2016 - 00:00

Ricorre oggi il 47° anniversario della morte di un bravo quanto sfortunato pilota italiano di automobili da competizione, il milanese Giacomo Russo, agli sportivi noto con lo pseudonimo di "Geki". Russo si era formato nelle serie minori ed aveva assunto lo pseudonimo di "Geki", proprio per tener segreto ai genitori, il suo pericoloso amore per le competizioni. Giacomo debuttò a Monza, nella "Coppa Sant'Ambreus" ", nell'ormai lontano 1959 e lo fece al volante di una Stanguellini di Formula Junior, con la quale taglierà il traguardo al 6° posto, nella sua prima gara. Nello stesso anno scende per la prima volta in Sicilia, per partecipare al GP di Enna sull'Autodromo di Pergusa: ottiene il 5° posto finale. Sono tantissime le gare a cui partecipa: il GP di Messina, la gara sul  Circuito Internazionale Riviera di Cesenatico ed il 3° nel GP del Garda, Circuito di Caserta, Monza dove vince il "Trofeo Bruno e Fofi Vigorelli". Nel 1963, dopo alcune prestazioni altalenanti dovute a noie meccaniche, incrocia con il futuro Campione del Mondo di F.1, l'austriaco Jochen Rindt, che battè nel "Trofeo Bruno e Fofi Vigorelli" che si svolgeva a Monza Poi Russo vince nella Coppa Junior ed il Trofeo Luigi Musso. Negli anni successivi si cimenta sulle F.3, mentre nel 1966 prende parte alla "12h di Sebring" con una Alfa Romeo TZ2 che divide con Gaston Andrey: vincono la loro classe e si piazzano al 14° posto assoluto. Nello stesso anno partecipa, per la prima volta, alla "Targa Florio" allora valida per il "Campionato Mondiale Marche". Sempre al volante dell'Alfa Romeo TZ2, questa volta condivisa con Teodoro Zeccoli, si piazza al terzo posto nella sua classe ed al 13° posto della classifica assoluta. Tornerà in Sicilia nel maggio del 1967, il 14 per l'esattezza, appena un mese prima della sua ultima gara. Prenderà parte il via alla guida della potente Alfa Romeo 33 (la foto pubblicata lo ritrae nell'occasione) che dividerà con il compianto pilota palermitano Nino Todaro. Il 18 giugno del 1967, si iscrive al "GP di Caserta" che si svolgeva allora tra le vie della città campana. Il circuito è una sorta di triangolo con tre curve ad angolo acuto e tre lunghi rettilinei frammentati da tre curve cieche delimitate da costruzioni. Nel corso del 7° giro inizia la tragica sequenza di una incredibile tragedia: le vetture di Fehr e Saltari, entrano in collisione, l'auto dell'italiano va a sbattere contro il muro della ferrovia, rimbalza in mezzo alla pista. Il pilota si frattura la gamba, mentre il collega elvetico finisce fortunatamente sui campi senza danni fisici. Nello stesso momento sopraggiunge l'italiano Franco Foresti, che frena, sbatte sull'auto incidentata per poi finire, anche lui, sul muro della ferrovia. L'auto dell'italiano rimbalza e resta in mezzo alla pista in un punto cieco. Nel giro seguente, l'auto di Dubler urta due pali della luce e finisce sul prato. Il pilota, aiutato da due militari, sposta la vettura, mentre un'altro pilota, Fehr, andato in testacoda a causa dell'olio, scende dalla sua auto per segnalare il pericolo ai colleghi. Il pilota verrà purtroppo investito dalle auto che sopraggiungono, morendo sul colpo. Si giunge così al 9° giro, nel corso del quale sopraggiungono Brambilla, Maglione e "Geki" Russo, i primi due riescono ad evitare l'auto di Fehr, mentre "Geki" la urta. La monoposto dello sfortunato milanese, rimbalza e va a colpire il muro della centrale dell'Enel. "Geki" viene sbalzato dalla vettura morendo sul colpo. Ma non finisce qui: la sua Matra prende fuoco ed il fumo disturba i piloti che sopraggiungono. Tiger, Natili e Saltari, finiscono sulla vettura incidentata. "Tiger", pseudonimo usato da Romano Perdomi, finisce contro un palo e resta incastrato nell'auto, mentre Dubler, credendo che "Geki" fosse ancora all'interno della sua Matra in fiamme, cerca di spegnere l'incendio. Manfredini, Saltari e l'allora giovane Clay Regazzoni soccorrono "Tiger", il quale verrà estratto dalla vettura, grazie ai pompieri, dopo più di 30'. I più anziani ricorderanno le fasi dei soccorsi prestati al pilota, le quali vennero allora trasmesse nel corso del TG della sera. Il pilota morirà dopo una settimana di agonia. La gara, come incredibilmente succedeva allora, non viene fermata, tanto che nel corso del 11° giro, Brambilla e Maglione piombano sulle auto ridotte in rottami, rimanendo per fortuna, incolumi. Solo a quel punto, il Direttore di Gara si decide ad esporre la bandiera rossa che pone immediatamente fine al massacro. Giacomo "Geki" Russo, morì incredibilmente così a 30anni. Aveva, per ben tre volte tentato, con poca fortuna, il salto nella F.1 sempre nel G.P. d'Italia che si svolge a tutt'oggi sull'Autodromo di Monza: la prima volta nel 1964 con una poco competitiva Brabham BT11 della Scuderia di Rob Walcher con la quale non riuscì a qualificarsi; nel 1965 al volante di una Lotus 25 messagli a disposizione dal patron Colin Chapman, con la quale dovette ritirasi nel corso della gara; ed infine, l'anno successivo, il 1966, al volante della più competitiva Lotus 33, affidategli sempre dal geniale progettista e Direttore Sportivo Chapman, con la quale riesce a piazzarsi a 9° posto. Ha comunque lasciato un vuoto incolmabile nei cuori degli sportivi italiani ed in particolare in quella dei Siciliani, molti dei quali, a ragione convinti che con auto più competitive, avrebbe potuto mettere in mostra tutta la classe che l'ambiente gli riconosceva. Geki vive, ancor oggi, nei cuori degli sportivi italiani e questo grazie all'amore dei familiari ed in particolare della figlia Beatrice, la quale, giustamente, non perde occasione per ricordarne il sacrificio sportivo ed umano, sul social network "facebook". Beatrice, donna di spirito e di innata classe, la stessa che animava suo padre, gli ha dedicato una pagina, dove sono visibili bellissime foto di quell'automobilismo tragico e crudele che molti di noi ricordano con orrore, ma rimpiangono con incosciente nostalgia. 

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