Le piaghe di Monreale: “Xylella Pali Lucis”, il virus che “uccide” i pali della luce

Sergio Calderaro

Dal paese di Frodo

Le piaghe di Monreale: “Xylella Pali Lucis”, il virus che “uccide” i pali della luce

01 Febbraio 2017 - 12:16

Vi avevamo parlato tempo fa delle piaghe del vecchio paese e in particolare di quella riguardante le luci pubbliche (leggi qui) ma ora altri documenti scoperti dal solerte professore Giacinto Talpa fanno, diciamo così, luce su una complicazione che si era sovrapposta alle cause primarie del mancato funzionamento della pubblica illuminazione e che aveva vistosamente peggiorato la situazione che era già, come sapete, molto grave. Il resoconto successivo è testualmente estratto da un documento stilato da un esperto cattedratico che descrive il fenomeno e i suoi successivi sviluppi.

“ …. Era l’anno successivo all’altro di cui già vi parlai (non sappiamo a quale anno si riferisse Nda) e man mano che avanzavano le stagioni mi accorsi, passeggiando per le strade dell’ameno paese, che alcuni pali, deputati alla pubblica illuminazione, erano stati tagliati alla base e in alcuni casi giacevano abbandonati lungo i cigli delle strade dove prima sostavano in posizione verticale ad espletare la funzione per cui erano stati lì piantati. Disturbato dalla vista di tale immane disastro pensai di chiedere i motivi di tanta apparente ferocia e che cosa avesse portato alla decisione di troncare la vita di quei tanti onorevoli guardiani dei giorni e soprattutto delle notti delle strade e dei cittadini dell’ameno paese. Chiesi allora ad uno degli addetti intento al triste lavoro di abbattimento quale fosse la causa di quell’immane perdita. Inutile dire che mi guardò come si guarda ad uno sprovveduto che chiede cose già universalmente note e mi disse : “Erano malati, non lo vede?”. I pali in apparenza sembravano godere di buona salute, sì è vero in alcuni casi apparivano arrugginiti, con un “cappello” magari un po’ vacillante, con qualche lampada che magari non si accendeva, ma non sembravano mostrare sintomi tali che lasciassero prevedere una fine imminente; e siccome la risposta che avevo ottenuto non mi aveva soddisfatto, pensai di chiedere allora a quello che sembrava, nel gruppo di uomini intenti al triste compito, essere il più informato e competente di tutti. Ripetei la domanda e con pazienza il nostro, di cui non ricordo il nome, ma che mi assicurò essere realmente competente, come poi nel corso della discussione certamente si dimostrò essere, mi disse:

“Caro signore, lei certamente avrà sentito parlare della Xylella sa, quel batterio che infetta alcune piante e che pare sia stato responsabile in passato di vere e devastanti epidemie nelle coltivazioni in alcune regioni del mondo e in particolare in alcune regioni del nostro sud, quel batterio, per intenderci, che devastò vivai di piante, interi uliveti e varie coltivazioni e che tanti danni provocò alla nostra economia. Ora pare che il batterio che adesso abbiamo, dopo lungo tempo isolato e classificato abbia fatto, diciamo così, una sorta di salto di specie, infettando oltre ad organismi viventi anche manufatti di vari materiali, specializzandosi e parassitando così gli oggetti più diversi; in questo caso in particolare, caro signore, siamo al cospetto di una variante molto specifica del batterio che è stato battezzato Xylella Pali Lucis, varietà Monrealensis, essendosi manifestato con particolare virulenza proprio in questo territorio dove è stato per primo riconosciuto ed isolato. Le dirò che sono particolarmente orgoglioso di essere stato io il primo ad intuire che si trattava di malattia batterica, pur in assenza di sintomi conclamati, perché, come lei sa, i sintomi sono flebili, evanescenti al punto che il palo in apparenza sembra perfettamente sano ma, all’ occhio del vero esperto alcuni piccoli indizi manifestano con chiarezza ciò che al profano sfugge. Come lei sa, d’altronde, una cura univoca non esiste e sicuramente la più sicura prevede, per protocollo internazionale, l’ abbattimento dei pali malati e il loro confinamento in luogo sicuro al fine di prevenire il propagarsi dell’ infezione. In ogni caso è previsto, dopo un tempo che può essere più o meno lungo, che il luogo dove era infisso il vecchio palo non venga utilizzato per impiantare pali nuovi per evitarne il sicuro contagio. Pensiamo inoltre, dopo in periodo inestimabile di quarantena di impiantare nuovi pali di una varietà nuova, resistente alle malattie, quando, naturalmente, saranno resi disponibili nei vivai dove si stanno sperimentando nuove varietà. La cosa certa è che saranno impiantati a congrua distanza e non così vicini come era in passato. Volevo anche tranquillizzarla sul fatto che i pali da abbattere sono stati, prima del loro abbattimento, doverosamente anestetizzati”. Soddisfatto della risposta tornai a casa tranquillo e persino contento che la nostra solerte amministrazione stesse lavorando per evitare un così immane disastro avvalendosi di così competenti esperti. Ora però, dopo che sono passati diversi mesi e sono rimasto senza il palo della luce a cui mi ero affezionato e la mia strada è ancora al buio, ancora mi chiedo quanto durerà la quarantena e se i nuovi resistenti pali stiano già crescendo in quel vivaio sperimentale”.

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