Questa mattina, in via Papa Sergio I, è stata posata una mattonella commemorativa in ricordo di Lia Pipitone, la giovane donna uccisa dalla mafia il 23 settembre 1983 nel quartiere Arenella. La cerimonia ha segnato un momento di intensa partecipazione civile e istituzionale. A scoprire la mattonella è stato il figlio di Lia, Alessio Cordaro, affiancato dal sindaco di Palermo Roberto Lagalla e dall’assessore Fabrizio Ferrandelli. Presenti anche la consigliera comunale Mariangela Di Gangi, che ha seguito l’intero iter autorizzativo, e numerosi rappresentanti del coordinamento di Libera Palermo, tra cui Clara Triolo della Segreteria Provinciale. Accanto a loro, una folta rappresentanza della società civile, associazioni e attivisti impegnati nella promozione della legalità e dei diritti, a testimoniare quanto la memoria di Lia sia diventata un simbolo collettivo.
“Quella di Lia non è solo una mattonella commemorativa – hanno detto gli organizzatori – ma il segno tangibile di una storia individuale e al tempo stesso universale: quella di una donna ribelle al patriarcato mafioso, di una madre che sognava libertà e autodeterminazione”.
La sua storia è stata riportata negli ultimi anni al centro del dibattito grazie a un impegno collettivo che ha preso forma proprio nel quartiere dove Lia visse e morì, un territorio che oggi prova a riscrivere il proprio presente nel nome della memoria e della giustizia. L’iniziativa si inserisce nella campagna nazionale di Libera “Fame di verità e giustizia”, che in questi giorni attraversa la Sicilia con eventi, flashmob e momenti di riflessione sui temi della giustizia sociale e del contrasto alla criminalità organizzata. Un gesto semplice ma potente, quello di oggi, che vuole restare. Una pietra di memoria, ma anche di impegno quotidiano contro ogni forma di violenza e oppressione.

“Con questa azione – ha commentato il sindaco Lagalla – oggi l’amministrazione compie un gesto civile di memoria importante all’Arenella e di questo rivolgo il mio ringraziamento all’associazione Libera e a tutti coloro che si sono prodigati e impegnati per la messa in opera di quella che a me piace definire pietra d’inciampo, per il semplice fatto che in questo frangente l’inciampo diventa occasione, un’opportunità per la riflessione, l’approfondimento, la memoria e anche l’indignazione che arriva diffusamente nella nostra società e che spesso arriva troppo tardi rispetto ai fatti e alla verità. Oggi – prosegue il primo cittadino del capoluogo siciliano – non solo c’è la luce della ritrovata e accertata verità, ma c’è anche il giudizio morale di una donna che guardava avanti e voleva pienamente vivere se stessa e di una mafia che continuava in questo quartiere, come in altri, a voler essere in qualche modo proprietaria o regolatrice della vita degli altri, privando quindi del valore più grande e umano che è quello della libertà, dell’autonomia di decisione. Non è estraneo a tutto questo il percorso culturale e di istruzione che ha fatto Lia Pipitone. Perché, e lo voglio dire soprattutto ai più giovani – conclude Lagalla -, l’emancipazione, la libertà, la consapevolezza sono figlie della cultura e della conoscenza, tutti aspetti di cui la mafia ha paura. Per questo, oggi sono molto soddisfatto e contento di questo momento. Lo sono per Alessio, il figlio di Lia Pipitone, per coloro che si sono innamorati dell’esempio e dell’idea di Lia e lo sono per la città perché recupera, in questo modo, una memoria, ma soprattutto cuce una nuova stagione, un nuovo filo che vuole essere di unità e di riflessione in questo ricordo affettuoso a Lia Pipitone”.


