Mafia, sequestrati i beni di Vito Palazzolo, tesoriere di Cosa Nostra

Redazione

Palermo - Operazione Fake Refund

Mafia, sequestrati i beni di Vito Palazzolo, tesoriere di Cosa Nostra
Palazzolo è considerato il “riciclatore e tesoriere” di mafiosi del calibro di Riina e Provenzano

10 Giugno 2019 - 09:07

I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, dopo una serie di complesse e delicate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica, hanno eseguito un provvedimento di sequestro e congelamento di beni disposto dalla Corte Reale Civile del Regno di Thailandia nei confronti del noto Vito Roberto Palazzolo.

Palazzolo – esponente di primo piano di Cosa Nostra, “riciclatore e tesoriere” per conto dei mafiosi del calibro di Totò Riina e Bernardo Provenzano – è stato condannato in via definitiva, nel 2009, a nove anni di reclusione per associazione di stampo mafioso. Tratto in arresto a Bangkok nel marzo 2012, dopo una latitanza all’estero durata oltre venti anni, nel dicembre 2013 è stato estradato in Italia per scontare la pena. Attualmente, è in affidamento ai servizi sociali.

Indiscusso protagonista dell’eclatante traffico internazionale di sostanze stupefacenti, svoltosi nei primi anni Ottanta tra la Sicilia, l’Estremo Oriente e gli Stati Uniti, più noto con il nome di “Pizza Connection”, le cui indagini erano coordinate dal Giudice Giovanni Falcone e dal Procuratore Distrettuale di New York Rudolph Giuliani. Nel 1984, su richiesta dell’Autorità Giudiziaria italiana, Palazzolo venne arrestato dalle Autorità Elvetiche; temendo di essere giudicato dall’Autorità Giudiziaria Italiana, in attesa dell’estradizione, confessò alle Autorità Svizzere le sue relazioni con i principali protagonisti del traffico di sostanze stupefacenti. Infatti Palazzolo, per i fatti specifici di “Pizza connection” aveva riportato in Italia una condanna, in primo grado, alla pena di 12 anni di reclusione (sentenza resa dal Tribunale di Palermo il 12 ottobre 2000) che poi era stata revocata, in appello, per l’applicazione del principio “ne bis in idem” internazionale, proprio in considerazione dell’esistenza del giudicato elvetico che lo aveva condannato a tre anni di reclusione per il concorso nel traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio.

Sfruttando un permesso concessogli dalle Autorità Carcerarie Elvetiche e grazie ad un falso passaporto svizzero, entrava in territorio sudafricano assumendo la falsa identità di Robert von Palace Kolbatschenko. Proprio in Sudafrica, affinava le sue grandi doti imprenditoriali, mettendo a sistema le sue capacità di finanziere internazionale e, grazie anche a importanti appoggi, iniziava ad investire nel settore immobiliare e in numerose attività commerciali, estendendo i propri interessi anche in territori limitrofi, quali la Namibia e l’Angola.

L’operazione denominata “Fake Refund”, ha consentito di individuare e sequestrare un deposito bancario intestato alla moglie di Palazzolo, la ricca ereditiera di origine israeliana Tirtza Grunfeld, con un saldo attivo di diverse decine di migliaia di euro, allo stato in via di esatta e definitiva quantificazione. L’operazione condotta dagli specialisti del Gico di Palermo, con la collaborazione del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale, si inserisce nel più ampio dispositivo di ricerca – anche e soprattutto all’estero – di quello che viene indicato come un notevole patrimonio riconducibile a Vito Roberto Palazzolo.

L’indagine, coordinata dalla Dda ed effettuata anche attraverso l’ausilio dei fondamentali canali di cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia, ha consentito alle Autorità Thailandesi – a seguito di mirata richiesta rogatoriale avanzata dalla locale Autorità Giudiziaria – di aprire un caso investigativo nazionale a carico del Palazzolo con finalità di sequestro e confisca di tutto il patrimonio allo stesso riconducibile.

Infatti, dapprima l’Ufficio Antiriciclaggio thailandese (Anti-Money Laundering Office – AMLO) emanava un provvedimento di congelamento dei beni riconducibili al Palazzolo mentre, successivamente, la Corte Reale civile thailandese, con propria Ordinanza emessa su richiesta del Pubblico Ministero competente (Office of the Attorney General – Special Litigation Division 3) disponeva il sequestro di beni a carico dei coniugi Palazzolo, costituiti, in particolare, da un deposito bancario.

Le indagini con proiezione internazionale – spiegano dal comando – rientrano nella strategia della Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia, volta a contrastare l’affermazione dell’organizzazione mafiosa mediante la sistematica aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati e reinvestiti, ovunque essi siano stati individuati attraverso l’analisi dei flussi finanziari”.

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