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Palermo, la rapina violenta ad un'anziana, complice la nipote

A meno di un anno di distanza,  la Polizia di Stato ha risolto il caso di una violenta rapina in appartamento compiuta in danno di una anziana cittadina palermitana. Destinatari di un provvedimento di custodia cautelare in carcere sono tre palermitani, due donne, rispettivamente di 23 e 50 anni ed un uomo di 31 anni. Si tratta di Giuseppe Calvaruso, 31 anni, coinvolto nell'operazione Apocalisse e scarcerato, la sua compagna di 50 anni Rosalia Schillaci, ed Elena Campedonico, 23 anni, nipote di un'anziana che lo scorso 15 dicembre era stata picchiata e derubata in casa. Nel tardo pomeriggio dello scorso 15 dicembre, in una abitazione di Pallavicino, due malviventi incappucciati, dopo essersi fatti aprire la porta dell’abitazione, riuscirono a penetrarvi per compiere una rapina. In quel momento, si trovavano nell’abitazione l’anziana proprietaria ed una nipote, Elena Campedonico. I malviventi riuscirono a far razzie portando via la somma di 1.000 euro, un libretto INPS, alcuni preziosi gioielli ed effetti personali. L’ingresso nella casa da parte dei malviventi, armati di coltello, fu scandito da una inusitata violenza  che sembrò accanirsi sull’anziana e risparmiare la nipote, che, apparentemente, sembrò assistere impaurita al pestaggio della congiunta. La zia fu violentemente percossa con calci, pugni e schiaffi ed immobilizzata su un lettino, mentre la nipote fu “semplicemente” tirata per i capelli. In sede di denuncia, la nipote dichiarò, inoltre, di essere stata privata del suo cellulare e della scheda in esso incardinata, pur non volendo fornire dettagli sul numero di scheda e sul modello del telefonino. Tale reticenza fu la prima di una lunga serie di silenzi e contraddizioni che, messi insieme, hanno dato il quadro di una maldestra simulazione da parte della nipote, della propria estraneità alla rapina. I poliziotti della sezione “Investigativa” del Commissariato San Lorenzo sono giunti alla conclusione che di quella rapina, la giovane è stata parte attiva, con il ruolo di basista. La nipote, non vittima quindi ma carnefice della zia, raccontò ai poliziotti di non ricordare numero sim e modello di cellulare portati via, quella sera, dai rapinatori , ma, incautamente, continuò a fruire dell’apparecchio telefonico anche dopo il compimento della rapina, così come accertato dai tabulati richiesti dai poliziotti. Da quel cellulare la nipote sviluppò un notevole traffico in uscita nei confronti di due suoi conoscenti, un uomo ed una donna. Questi ultimi, una coppia di coniugi domiciliata in luogo non distante da quello dell’assalto, furono sospettati, sin da subito, di aver avuto un ruolo nella rapina e per questo, a più riprese, convocati in Commissariato. È stato in questo contesto che sono emerse contraddizioni e versioni palesemente artefatte che ben si sono integrate con gli esiti di una laboriosa attività investigativa degli agenti. I coniugi furono quindi gli esecutori materiali della rapina. Il movente dell’aggressione è stato individuato dai poliziotti in bieche ragioni di interesse che hanno spinto la nipote a confidare ai conoscenti particolari ed abitudini di vita della vittima, rivelatisi essenziali al buon esito della rapina. 

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