Emigrazione al contrario: un milanese "scende" a Palermo: "Ora sono felice"

Simone Marchese

Palermo

Emigrazione al contrario: un milanese "scende" a Palermo: "Ora sono felice"
La storia di Michelangelo Pavia in controtendenza. Lui ha lasciato Milano per trasferirsi nel capoluogo siciliano

18 Gennaio 2016 - 00:00

Giornalmente migliaia di ragazzi tentano la fortuna lasciando la nazione in cerca di un futuro più prospero, tentare di “sbarcare il lunario”. Una moderna emigrazione verso Paesi economicamente più stabili. Di solito, la maggioranza della popolazione lascia le regioni del Sud e fra le città maggiormente "dissanguate" da giovani compare Palermo. Crisi economica, classe dirigente poco attenta alle necessità, ma soprattutto l’illusione che un altro posto sia necessariamente migliore di quello dove si vive, alla base di tutto; alcuni ce la fanno, altri no e, di conseguenza molti sono convinti di avercela fatta, ma a che prezzo? Decisamente in controtendenza la scelta del milanese Michelangelo Pavia che, in maniera più che consapevole, ha scelto di lasciare il capoluogo lombardo per trasferirsi proprio a Palermo e racconta la sua esperienza. Michelangelo, classe 1978, nasce e cresce a Milano. Nelle sue vene scorre il sangue del Sud in quanto mamma è della provincia di Foggia e papà di Termini Imerese. Dopo la laurea in architettura decide di regalarsi un viaggio in Sicilia e visitare questa terra tanto discussa quanto amata e la percorre in lungo e in largo isole comprese. È il 2004 e la sua attenzione viene catturata da una località in particolare, Palermo. “Mi sono innamorato del suo centro storico, dei suoi colori, delle persone – racconta Michelangelo – e mi sono sentito a casa.” Tornato a Milano, Michelangelo collabora con vari studi d’architettura. Sulla sua scrivania passano grandi opere e le ore di lavoro diventano infinite, le paghe insoddisfacenti e la sua posizione di autonomo spesso trasformata in dipendente, insomma una situazione di insofferenza e nel cuore quella città “magica”. Nonostante non abbia mai sofferto la disoccupazione, il denaro guadagnato, basta solamente a sostenersi nella grande Milano, tentare di mettersi in gioco quasi impossibile: “A Milano la concorrenza è spietata e molto clientelare, non hai molte probabilità di successo se non fai parte di determinati contesti”. Nonostante tutto tenta l’acquisto di un immobile, grazie ad un piccolo contributo offerto dai suoi genitori, e resosi conto dell’enorme cifra di interessi che avrebbe dovuto restituire, apre gli occhi e fa la sua scelta: molla tutto e si trasferisce a Palermo dove nel giro di pochissimo fonda, nel centro storico della cittadina, insieme al suo socio Beppe Castellucci l’associazione "neu[nòi] spazio al lavoro" nata con lo scopo di avviare un coworking di terza generazione. “Da quando sono a Palermo – continua Michelangelo Pavia – non ho più avuto modo di lavorare su progetti di respiro internazionale, di confrontarmi con tecnici di altissimo livelli e di vedere nascere nuovi capolavori di architettura, ma tutto questo non era comunque il mio mondo, nonostante debba tantissimo alla città che ho lasciato, dove ancora vivono i miei familiari. Quello che a Palermo posso fare che a Milano non mi era possibile, è proprio investire su me stesso, sulle mie idee e sulle mie capacità. A mio avviso l’ingrediente più importante per la ricetta della stabilità resta il rapporto umano. Chi ci è vicino ci abbraccia, ci sopporta e supporta, ci consiglia e ci aiuta anche materialmente.” Per concludere Michelangelo vanta dei siciliani, la loro grande inventiva e creatività, vero oggetto di possibili investimenti di energie e risorse. Sintetizza il suo racconto personale puntualizzando che al Sud probabilmente non esiste più quell’aspettativa di lavoro dipendente di un ventennio fa ma molti più sbocchi per progetti autonomi. Precisa che non è detto che al Sud ci sia più criminalità che altrove, anzi al sud esiste una forte cultura della lotta alla criminalità organizzata anche  grazie alle associazioni come Libero Futuro o Addio Pizzo. “Spesso vengono presi in considerazione solo determinati indici di valutazione come il PIL – conclude Pavia – , quando ci sono altrettanti validi ed importanti indici di valutazione per quantificare il vero sviluppo sociale, come il BES, il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile. L’economia dovrebbe valutare gli aspetti sia finanziari che umanitari. I soldi sono importanti ma non è detto che averne tanti in un luogo sia meglio di averne meno in un altro, sole cibo, clima, paesaggio sono molto di più che un contesto da non sottovalutare assolutamente.” Oggi Michelangelo Pavia è anche il presidente del Centro Commerciale Naturale “Piazza Marina & Dintorni”, organizzatore del festival dell’editoria indipendente “Una Marina di Libri” che accoglie ogni anno 10.000 visitatori.

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