Alessandra Polizzi

Cronaca

18 Gennaio 2016 - 00:00

Non tradisce emozione il nuovo vescovo della diocesi di MOnreale che celebra per la sua prima volta dinnanzi al Cristo Pantocratore ed in un Duomo stracolmo. Michele Pennisi prende "possesso", per modo di dire, della sua Chiesa. Il passaggio di consegne con Monsignor Di Cristina avviene alle 17,30. Da quel momento Pennisi è il nuovo vescovo di Monreale che l'ha accolto con entusiasmo e gioia. In Duomo tante le autorità presenti. Pennisi ha benedetto i fedeli e poi recitato la sua omelia, che vi proponiamo di seguito. "Eminenza Reverendissima e  Carissima Card. Paolo Romeo, Carissimo Confratello Mons. Salvatore Di Cristina mio immediato predecessore in questa  gloriosa ed antica sede arcivescovile, Carissimi Confratelli   nell'Episcopato e nel Sacerdozio  ministeriale, Signor Presidente della Regione Siciliana, Gentili Autorità  civili e militari nazionali,  regionali e dei Comuni dell'Arcidiocesi, E Voi,diaconi, amatissimi  seminaristi, e venerati Religiosi e Religiose Sorelle e Fratelli  amati dal Signore provenienti dai diversi Comuni dell'Arcidiocesi , dalla Diocesi di Piazza Armerina , dalla Diocesi di Caltagirone ed in particolare dalla mia città di Grammichele  Vi ringrazio sentitamente per la vostra numerosa e calorosa presenza  per l’inizio del mio ministero pastorale come Arcivescovo di Monreale. Il Signore mi dona la grazia di fare l’ingresso  in questa Chiesa che Gesù mi ha affidato, attraverso il mandato di Papa Benedetto XVI, riconfermato da Papa Francesco che ho avuto modo di incontrare e al quale ho chiesto una speciale benedizione per tutti voi. In questa celebrazione  Eucaristica Vi invito ad unire al mio ringraziamento anche il vostro al Padre per dono di un nuovo Pastore, alla Comunità ecclesiale di Monreale, che oggi celebra la propria festa nel 746° anniversario della dedicazione di questo magnifico Duomo a Santa Maria  Nuova, figura della Chiesa  che si  edifica nella santità. Nella  bellezza dell’architettura e dei mosaici di questa cattedrale, nata dal desiderio di re Guglielmo di dare a Dio un luogo degno della Sua divina maestà, è incisa la fede dei nostri padri, il fervore della loro vita cristiana, la storia di santità della nostra Chiesa. Un edificio sacro esiste perché noi impariamo a vivere la gioia del Signore che è la nostra forza, perché in esso incontriamo Cristo, pietra angolare su cui si edifica la sua Chiesa. Il Cristo pantocratore che domina con il suo sguardo penetrante e con il suo abbraccio dall’abside di questo duomo ci dice  che  questa Cattedrale, prima di essere di un Vescovo o di una città, è di Cristo; appartiene a Lui e in questo luogo Egli è presente; parla attraverso la voce dell’Apostolo, santifica e conferma nell’unità il suo popolo. Nessuno, perciò, può dire “la mia” o “la nostra” Cattedrale. Prima di essere un monumento di arte, un luogo di concerti di musica sacra, essa è il luogo  in cui  Dio si rende presente. La bellezza e il fascino della Chiesa scaturisce  innanzitutto dalla presenza di nostro Signore Gesù. In questo duomo  bisogna lasciarsi guardare dal Cristo e sentirci guardati, abbracciati,  accolti, amati da Cristo e  protetti dalla Vergine Maria, dai patriarchi dell’Antico Testamento , dagli Apostoli e dai santi. La Cattedrale non è un museo, ma   edificio vivo  di cui i cristiani siamo le pietre vive perché  Gesù Cristo Risorto  è vivo. Qui Cristo è vivente con la pienezza del suo sacerdozio  nel ministero del Vescovo quale successore degli Apostoli.  Egli esercita  la potestà che Cristo ha conferito agli apostoli mandandoli nel mondo a predicare il Vangelo, a santificare il Popolo di Dio con la grazia dei Sacramenti e a condurlo sulle strade del Regno. I  testi della  Liturgia di questa  solennità mettono in rapporto l’edificio Chiesa con il popolo di Dio che in esso si raduna. Tutto quanto si vede e si ammira di bellezza esteriore in questo Tempio, deve avere un chiaro riflesso e un vero riscontro nella bellezza dell’anima di ogni  fedele, santificata dalla grazia attraverso il battesimo e gli altri sacramenti, che ci rendono membra del Corpo di Cristo. L'edificio spirituale del corpo di Cristo si costruisce nell'amore secondo le parole di san Pietro. Con le pietre vive si eleva un edificio spirituale per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. La realtà più importante di questa  chiesa non sono le mura mosaicate, ma le persone che riconoscono il Signore Gesù come la pietra  angolare e che si riconoscono come "pietre vive" di un edificio spirituale che ha una bellezza di santità che le pietre non possono esprimere.  Le pietre vive che siamo noi siano cementate dallo Spirito Santo attraverso il dono della carità. Tutti noi come Corpo Mistico di Cristo, siamo la vera bellezza di questo tempio. Il brano degli Atti degli Apostoli ci presenta i  pilastri fondamentali della chiesa primitiva e di ogni comunità ecclesiale, che si esprime in una quadruplice perseveranza vissuta nella concordia e nella condivisione dei beni spirituali e  materiali. Il  primo pilastro, che  fonda  e  riforma  continuamente la Chiesa,  è l’insegnamento degli Apostoli , che sono stati testimoni diretti della vita e dell'insegnamento del Signore. Si tratta di un ascolto ripetuto, approfondito, sistematico, che  esige un impegno serio e continuato. Il secondo pilastro è  la comunione,  che indica qui la libera condivisione o la messa in comune dei beni materiali, che  rende  visibile l'unione spirituale dei credenti: chiamati ad essere «un solo cuore e un’anima sola. La  comunione ha  come finalità che ciascuno abbia ciò di cui ha bisogno per vivere e che quelli che  sono bisognosi possano contare sulla solidarietà e sulla generosità degli altri. Il  terzo pilastro è lo spezzare il pane tra i fratelli nell’Eucaristia,nella gioia e nella semplicità di cuore. La  «frazione del pane» non è presentata quale primo elemento ma viene collocata dopo l'insegnamento degli Apostoli e dopo la comunione fraterna. La prospettiva appare significativa: la condivisione dei beni, la fraternità vissuta sono la testimonianza concreta della comunione eucaristica. L'eucaristia che è al centro della comunità  genera  una carità fattiva. L’assiduità alle  preghiere  pubbliche nel tempio e in alcuni momenti significativi della vita della comunità cristiana è il quarto pilastro.  La  prima comunità  che si apre all’esterno gode il favore presso il popolo, ma anche la e reazione ostile da parte delle autorità; in essa Dio opera segni e prodigi e la fa crescere qualitativamente e numericamente.. La conseguenza è una vita bella e gioiosa, vissuta nella vita quotidiana. Gesù, nel racconto evangelico del suo incontro con la donna di Samaria ci ha avvertito che è questa l’ora «in cui  i  veri  adoratori  adoreranno  il Padre  in  spirito e  verità». Egli  sposta,  così,  la nostra attenzione oltre un  luogo esteriore: non il monte Garizim, la montagna dei Samaritani, e neppure Gerusalemme.  Il vero culto a Dio, in spirito e verità,  ha un luogo ed un volto: è Cristo stesso, Dio e uomo, sacerdote della nuova ed eterna alleanza. Il tempio di Dio, che niente e nessuno può circoscrivere, è nel cuore dei fedeli.          In quest’anno della fede siamo chiamati a riscoprire la gioia e la bellezza dell’essere cristiani ad avere occhi limpidi e cuore generoso e fedele per vedere e credere, per amare ed essere tutti “un cuor solo ed un’anima sola”. Desidero  condividere  le grandi  linee del cammino pastorale delle Chiese d'Italia, che in questo decennio punta sull’educare alla vita buona del Vangelo,  del cammino delle Chiese Sicilia riassunto nello slogan ”una presenza per servire” e pormi sulle orme dei miei  ultimi predecessori: il compianto Monsignor Cataldo Naro e  Monsignor Salvatore  Di Cristina. Non ho nessun programma pastorale prefabbricato da proporvi se non quello dell'invito a  credere alla buona notizia dell'amore di Dio, a cambiare mentalità e vita seguendo Cristo sulla via della croce, a vivere da fratelli nella comunione e nella corresponsabilità ed a rispondere alla vocazione alla santità che tutti abbiamo ricevuto. Il programma pastorale lo prepareremo in collaborazione con tutti voi attraverso gli organismi di partecipazione per la crescita della comunione ecclesial. Ho scelto come mio motto programmatico una frase di San Paolo  "charitas Christi urget nos".  Vi invito a farlo vostro nella vita di ogni giorno". L'amore di Cristo ci spinge. Egli è morto per tutti,  perché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove. Gesù Cristo ci vuole rendere  persone nuove capaci di costruire la civiltà dell'amore, dove il perdono vince la vendetta, la ragione prevale sulla forza, la solidarietà infrange la logica del tornaconto  egoistico, la corrente della vita distrugge la cultura della morte. Le parrocchie sono chiamate ad essere non agenzie di servizi religiosi, ma luogo di manifestazione della comunione dei cristiani nella diversità dei doni spirituali e dei ministeri, nell’unità della missione. Le varie istituzioni di vita consacrata ed aggregazioni laicali (antiche confraternite, Azione Cattolica, nuovi movimenti ecclesiali)  sono chiamate  a dare una testimonianza di comunione nella nostra Chiesa particolare, con una  grande apertura missionaria a tutta la Chiesa. Si tratta di passare da un cristianesimo convenzionale di “atei devoti”, per i quali Dio è un intruso che non entra nella vita quotidiana, ad un cristianesimo maturo fondato su una  fede autentica, da una appartenenza ecclesiale debole ad una appartenenza responsabile caratterizzata dalla risposta generosa alla chiamata di Dio  e dalla  partecipazione attiva ed efficace di tutti nella testimonianza evangelica che scaturisce dalla capacità di leggere i segni dei tempi. Si tratta di passare dai particolarismi e campanilismi ad una comune corresponsabilità missionaria attraverso strutture pastorali adeguate ai nuovi tempi, da una pratica religiosa  rinchiusa nelle sagrestie ad una testimonianza cristiana coraggiosa e gioiosa presente nel mondo della cultura e della costruzione della città degli uomini nella giustizia e nella pace, capace di liberarsi dalla barbarie della mafia con le piaghe cancrenose dell’usura del pizzo, dell’idolatria del potere e del denaro. Il cammino storico della Chiesa siciliana è stato suggellato dalla splendida testimonianza del martirio del prossimo beato don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia perché fedele al suo ministero di prete. La memoria di questo martirio è impegnativa per la Chiesa siciliana tutta. Il  suo martirio è venuto a siglare questa stagione di impegno ecclesiale anche se questo martirio non va disgiunto e isolato da quello di numerosi altri uomini tra cui  vari magistrati  ed esponenti delle forze dell’ordine e della società civile. L'atteggiamento pastorale verso i mafiosi  va accompagnato dalla esigenza di  prevenire  i fenomeni criminosi e di aiutare  i mafiosi a pentirsi, a riparare il male fatto ed a  diventare persone nuove. Non  bisogna abbassare la guardia per contrastare la criminalità mafiosa, ma  i cristiani devono trovare motivazioni valide per contrastare questo fenomeno a partire dalla loro originale esperienza di fede e dalla loro appartenenza ecclesiale.  La nostra Chiesa è chiamata  a mirare in alto, a prendere il largo, a varcare le soglie della speranza, perché la nostra terra possa diventare un giardino in cui fioriscano tutte le vocazioni in modo particolare quelle al presbiterato, al diaconato permanente ed alla vita religiosa, e così possa emanare il profumo di Cristo ed a risplendere della bellezza a cui è stata chiamata da Dio. Oggi desidero far mie le espressioni di gioia che il cardinale Agostino Valier  in un’opera su San Filippo Neri metteva in bocca al mio predecessore Ludovico II Torres: "come lo sposo si delizia della bellezza della sposa, così il vescovo si compiace in modo ammirabile della bellezza e della magnificenza della sua Chiesa. Bellissima è la mia sposa, la mia illustre Chiesa, lo confesso e sono sommamente grato a Dio, distributore di ogni dignità e ufficio, che  ad essa mi prepose. Mio giubilo è l ‘altare sul quale offro il sacrificio all’Altissimo Iddio; mio gaudio è quel pulpito su cui talvolta salgo; mia gioia è il mio seminario, la frequente amministrazione della Santissima eucaristia, il numeroso concorso di popolo nella mia chiesa”. Concludo, affidando il mio ministero alla Vergine Maria qui venerata col titolo di Santa Maria del Popolo, invocando l’intercessione di San Castrense della beata Pina Suriano e dei nostri santi e sante; chiedo anche a voi di pregare per me affinchè sull’esempio del Buon Pastore che non è venuto per essere servito ma per servire, insieme, possiamo incamminarci sulla via della Santità".

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