“Sarebbero dovute essere 24 candeline, invece sono stati 24 palloncini e lanterne luminose a salire in cielo, sospinti dall’amore di chi non vuole dimenticare”. Così Debora Venturella, mamma di Salvo Turdo, ricorda il compleanno mai festeggiato del figlio, uno dei tre giovani uccisi nella sparatoria di Monreale insieme al cugino Andrea Miceli e all’amico Massimo Pirozzo. Lo fa in una lunga intervista concessa a Federica Virga per Palermo Today (leggi l’intervista completa in questo link). Alla mezzanotte, familiari e amici si sono dati appuntamento in uno slargo vicino alla circonvallazione: abbracci, silenzio e lacrime hanno scandito un momento di dolore e memoria. “Ogni palloncino è un abbraccio che sale verso di lui”, racconta la madre, che nel giorno del compleanno celebrerà anche una messa nella cappella dove riposano i tre ragazzi.
Debora descrive Salvo come “un ragazzo buono d’animo, sempre disponibile con amici e famiglia, la colonna della nostra famiglia”. Racconta di quanto fosse premuroso con il fratellino Gabriel, arrivato quando lui aveva già 16 anni, e di come lo facesse sempre giocare e ridere. “Mi capiva solo guardandomi. Mi chiedeva sempre: ‘Mamma, che c’è?’”, racconta. Salvo era anche un lavoratore affidabile e rispettato. “Persino il suo datore di lavoro lo chiamava Salvuccio. Era il primo ad arrivare, non mancava mai, anche con tosse o influenza. A casa aiutava con tutto: lavava il bucato, rassettava casa. Meglio di una femmina”, ricorda la madre. Aveva tanti sogni e progetti: una crociera con gli amici, un’auto nuova, e il desiderio di festeggiare il compleanno a Napoli.
Il legame più forte era quello con il cugino Andrea, “cresciuti insieme, inseparabili”, e con il fratellino Gabriel, a cui la famiglia ha raccontato la verità solo dopo settimane. “All’inizio gli abbiamo detto che era partito per un viaggio. Poi gli abbiamo spiegato che Salvo è andato in cielo, che è la stella più grande. Ora mentre gioca con i suoi puzzle, lo sento parlare con lui: ‘Salvo, mettilo qua’”. Debora ricorda anche gli ultimi attimi di vita di Salvo: “Quel giorno aveva lavato la moto con il suo migliore amico, pranzato dai nonni e mi aveva chiesto di stirargli la camicia bianca perché voleva andare a ballare. Mi disse: ‘Stai tranquilla, vado alla Dragon, a Palermo’”.
La chiamata della cugina poco prima delle due del mattino cambiò per sempre tutto. “Pensavo a un incidente, non avrei mai immaginato nulla di simile. Volevo solo vedere mio figlio, abbracciarlo, non lasciarlo andare via. L’ho visto solo dopo l’autopsia. Non aveva un graffio”, confida la madre. Oggi, tra ricordi e simboli, Debora custodisce anche l’ultimo regalo di Salvo, un paio di stivali bianchi acquistati poco prima della tragedia. “Quando li indosso, li rimetto con cura nella loro scatola. Dentro quei passi che non farò mai più con lui, continuo a camminare e portare con me tutto il suo amore”.




