Sono passati 45 anni da quel tragico 4 maggio 1980, quando il capitano Emanuele Basile, rientrando verso la caserma al termine del festeggiamenti del Santissimo Crocifisso, fu colpito alle spalle da colpi di arma da fuoco. I killer della mafia non si fermarono nemmeno davanti al fatto che il capitano portasse in braccio la figlia Barbara, che all’epoca aveva 4 anni ed era a fianco della moglie Silvana Musanti. Il capitano venne trasportato d’urgenza all’ospedale di Palermo dove i medici tenteranno di salvargli la vita con un delicato intervento chirurgico, ma muore durante l’operazione lasciando nel dolore la moglie e lo stesso Paolo Borsellino che era corso in ospedale.
Basile fu ucciso perché stava conducendo delicate e avanzate indagini antimafia, in particolare sui legami tra la criminalità organizzata e il traffico internazionale di droga. All’epoca, Basile collaborava strettamente con il giudice Paolo Borsellino e stava lavorando su inchieste che toccavano i vertici dei clan mafiosi, in particolare quelli emergenti della corrente corleonese, guidata da Totò Riina e Bernardo Provenzano. Il suo lavoro rappresentava un pericolo concreto per gli interessi economici e il potere mafioso, soprattutto nel delicatissimo contesto della “seconda guerra di mafia”, che stava ristrutturando i rapporti di forza all’interno di Cosa Nostra. I mandanti dell’omicidio, secondo le successive indagini e sentenze, furono proprio Riina e Provenzano.
Il capitano è stato ricordato ieri dal vescovo Gualtiero Isacchi, durante la processione “ridotta” del Santissimo Crocifisso per i tragici fatti avvenuti lo scorso sabato notte. Sarà invece ricordato domani mattina (lunedì 5 maggio) con una cerimonia alla presenza delle autorità civili e militari.
Emanuele Basile è stato insignito nel maggio del 1982 della medaglia d’oro al valor civile alla memoria perché: “Comandante di Compagnia distaccata, già distintosi in precedenti, rischiose operazioni di servizio, si impegnava, pur consapevole dei pericoli cui si esponeva, in prolungate e difficili indagini, in ambiente caratterizzato da tradizionale omertà, che portavano alla individuazione e all’arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose operanti anche a livello internazionale. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile agguato tesogli da tre malfattori, immolava la sua giovane esistenza ai più nobili ideali di giustizia ed assoluta dedizione al dovere”.