Cronaca

L’arcivescovo Isacchi: “Ecco perché siamo attratti dall’Amore-Crocifisso”

Pubblichiamo di seguito l’omelia dell’arcivescovo di Monreale, Gualtiero Isacchi, nel giorno della Festa del Santissimo Crocifisso 2023 di Monreale. La prima festa da quando è stato ordinato arcivescovo. 

“E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti me” (Gv 12,32), sono le parole con le quali Gesù si è rivolto alla folla che lo ascoltava nel tempio di Gerusalemme e che oggi si realizzano proprio qui a Monreale. “Attirerò tutti a me”. Ogni uomo, ogni donna, ogni giovane e bambino, ogni monrealese ed ogni pellegrino giunto in questa Chiesa collegiata, fa esperienza della veridicità di questa Parola. Tutti siamo attratti dall’Amore-Crocifisso. Ai piedi dell’Amore-Crocifisso vi saluto con affetto e gioia grande. Saluto i sacerdoti, il Rettore e il Capitolo della Collegiata, i nostri seminaristi e i ministranti. Saluto con deferenza il signor Sindaco che, insieme al Consiglio comunale e la Giunta, molto si impegna per la realizzazione della festa cittadina. Saluto le autorità militari: Carabinieri, il Corpo di Polizia Municipale, la Protezione civile e tutti coloro che si adoperano per garantire la nostra sicurezza.

Tutti siamo attratti dall’Amore-Crocifisso. Tutti siamo attratti dall’uomo che è stato innalzato sul legno della croce, non su un trono prezioso, nemmeno su un altare marmoreo decorato con stucchi, ma sull’altare dell’Amore costituito da due aste di legno. Una verticale che dice l’Amore misericordioso di Dio che “non ritenne un privilegio l’essere […] Dio, ma svuotò sé stesso […] umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2,7.8); e l’altra orizzontale che spalanca le braccia di Gesù in un’accoglienza incondizionata dell’intera umanità: “mettilo sopra un’asta; chiunque […] lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21,8) è la promessa che Dio fa a Mosè e che ancora oggi si perpetua.

Fratelli e sorelle l’altare dell’Amore-Crocifisso invita tutti noi, che siamo attratti da Lui, ad accogliere la doppia direzione che esso ci indica. Anzitutto la direzione verticale del rapporto con Dio che è la preghiera: come l’asta verticale della croce, questa deve essere ben piantata per terra per sorregge tutta la struttura. La preghiera cristiana non è un’esperienza emozionale, un vago movimento del cuore, un sentimento intimo, una devozione intermittente, ma è una relazione stabile e concreta con Dio Padre, attraverso Gesù, nella potenza dello Spirito santo. È una relazione che ci fa stare con i piedi ben piantati per terra, nella storia, nella nostra situazione. Solo questa preghiera, ben piantata per terra, potrà sostenere la seconda direzione indicata, invece, dell’asta orizzontale che è l’amore fraterno. Non c’è autentica vita cristiana che non sia “braccia allargate” verso tutta l’umanità, soprattutto quella fragile, sofferente ed emarginata. Lo dico anzitutto a voi carissimi Confrati che mi avete voluto far dono di appartenere a questa antichissima Confraternita del Crocifisso: solo se sarete uomini di preghiera potrete vivere quella con-fraternità che avete scelto come stile di vita. Questo vale per me e per tutti noi: la preghiera è il fondamento dell’accoglienza, della condivisione, del prendersi cura; è il fondamento del matrimonio cristiano, del servizio ministeriale e di qualsiasi azione, anche quella politica; la preghiera è il fondamento della vita cristiana autentica che è farsi carico degli altri.

Ma perché siamo attratti da un uomo crocifisso? Perché un uomo che appare sconfitto dal potere del male e imprigionato per sempre dalla morte è per noi forza attrattiva? I discepoli di Gesù vedendolo appeso alla croce non si sono sentiti attratti, sono fuggiti; per loro, non solo ciò che vedevano raccontava ingiustizia, sopraffazione, dolore, tradimento, delusione e distruzione di tutte le loro speranze, ma anche l’abbandono da parte di Dio: era chiaro l’insegnamento degli scribi e dei farisei: «l’appeso è una maledizione di Dio» (Dt 21,23). Sotto quella croce i discepoli hanno fatto la medesima esperienza che noi facciamo di fronte alle ingiustizie, alla solitudine di chi muore da solo nel proprio appartamento senza che nessuno se ne accorga, alle lacrime di una mamma che piange la morte del figlio o a quelle di un marito che piange per la morte della giovane moglie, allo sconforto di chi è consumato in poco tempo da una brutta malattia, alla disperazione di chi vede un figlio prigioniero dalla droga e dall’alcol… In queste situazioni di dolore, il Crocifisso grida a tutti noi: non è finita! La morte non vince! Resisti, stai sotto la croce così come fece Maria di Nazareth. Non scappare dal dolore e dalla fatica, perché lì c’è Dio. Egli non si sottrae alla cattiveria, all’ingiustizia, al dolore e nemmeno alla morte, anzi la abita. Dio non ti lascia solo: prima di te si consegna, attraversa la morte per trasformarla con l’Amore.

Ecco perché siamo attratti dal Crocifisso, perché solo qui possiamo fare una autentica esperienza di Dio. Scriveva il cardinal Carlo MariaMartini in una lettera pastorale: “La conoscenza del vero Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, misericordioso e pieno di amore e di bontà, passa per la conoscenza del volto del Crocifisso. Se pensiamo Dio soltanto con i nostri concetti umani, se lo immaginiamo come colui che detiene al massimo grado tutta la potenza, tutto l’onore, tutta la gloria, tutto il diritto, come colui che potrebbe rivendicare la signoria di tutta la terra, siamo come la gente comune e i capi di cui ci narra I’Evangelo, i quali dicono: “Dio non può rivelarsi nella morte di croce”. Invece, Dio amore, bontà, misericordia, si rivela proprio nel linguaggio della croce. La vera onnipotenza è quella capace di annullarsi per amore, di accettare la morte per amore. (C.M.Martini, da Non temiamo la storia).

Sul Crocifisso, però, anche dopo la risurrezione rimangono i segni della malvagità dell’uomo, quella che si scatena ancora oggi nel sistema mafioso, nella rassegnazione, nel disimpegno personale, nei conflitti tra nazione e persone, nello spaccio di droga… dove tanti sono i nuovi crocifissi. Ma nella croce di Gesù ciò che maggiormente risplende non è il peccato dell’uomo né la collera di Dio, ma l’amore di Dio senza misura. “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. È la parola di conforto che oggi, celebrando la festa del Santissimo Crocifisso, abbiamo ascoltato e non c’è vangelo più bello di questo. L’annuncio nuovo, bello e confortante; l’annuncio che ci apre il cuore e dischiude al nostro sguardo orizzonti di salvezza è questo: ha mandato il suo Figlio non per condannarci, ma per salvarci! Adorando il Crocifisso, sentiamo più viva in noi la gioia di essere salvati.

Ai piedi della Croce apprendiamo una lezione fondamentale per la nostra vita cristiana: Dio che avrebbe potuto sconfiggere il male annientando tutti gli empi e i malvagi, ha preferito entrare nel male con la carne del suo Figlio che ha subito su di sé le conseguenze del male per redimerle nella sua carne crocifissa. È questa la strada che ci indica il Crocifisso. È la strada dell’Amore. È questa decisione di Dio che deve diventare anche la nostra decisione e che testimonieremo camminando dietro al Crocifisso per le vie di Monreale”.

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