Il silenzio “assordante” del Duomo vuoto per la Domenica delle Palme

Redazione

Cronaca - Monreale

Il silenzio “assordante” del Duomo vuoto per la Domenica delle Palme
Ad officiare la Santa Messa, il vescovo Michele Pennisi insieme a Don Nicola Gaglio

05 Aprile 2020 - 18:13

Inusuale e quasi da brividi la celebrazione della Snta Messa per la domenica delle Palme al Duomo di Monreale, senza la presenza dei fedeli. Ad officiare il rito, il vescovo Michele Pennisi insieme a Don Nicola Gaglio. Quest’anno la domenica delle Palme si caratterizza come Domenica della Passione di Cristo, alla quale sono associate tante persone che soffrono a causa della pandemia del Coronavirus, delle difficoltà economiche e della solitudine.

“La liturgia della domenica delle palme ha il volto della gioia e quello della passione, quello della fede e quello dell’incredulità, quello della gloria e quello della croce – dice il vescovo – Nella passione di Gesù ha la sua piena realizzazione l’invocazione di aiuto del giusto perseguitato del salmo 21 e l’amara confessione del servo sofferente del Signore del canto di Isaia. Egli ci presenta un personaggio misterioso offeso ed umiliato, che non si sottrae alla violenza, ma è capace di confortare gli sfiduciati perché ripone la sua fiducia in Dio che lo assiste”.

Il vescovo poi prosegue: “Nell’inno della lettera ai Filippesi ci viene presentata la confessione cristologica della Chiesa primitiva con il mistero dello svuotamento del Figlio di Dio incarnato. Cristo è espropriato della gloria divina che gli compete, per farsi uomo; è poi espropriato della dignità umana che compete a ogni uomo, per farsi schiavo senza alcun diritto umano; viene infine espropriato della dignità di morente, per finire vilipeso sul legno della croce, patibolo infamante riservato ai condannati senza dignità alcuna. Divenuto servo per amore fino alla morte in croce affrontata per obbedienza al Padre, Gesù Cristo viene esaltato e costituito dominatore di tutta la realtà cosmica, che è chiamata a riconoscere lo splendore della sua divinità”.

“Ascoltando la passione secondo Matteo- prosegue ancora monsignor Pennisi – c’è una costante che colpisce: tra Gesù che entra volontario nell’ombra del Getsemani e nell’annientamento della croce, e tutti gli altri personaggi che si agitano intorno a lui, c’è come un muro di assoluta incomprensione, una tragica incomunicabilità tra Dio e il suo popolo. Giuda che aveva l’incarico di fiducia di tenere la cassa del gruppo, deluso da Gesù come messia politico, aveva deciso di venderlo per trenta denari. Gli apostoli prediletti, che pure erano stati tante volte testimoni di fatti prodigiosi, ora non riescono a vincere il sonno. Tutti i discepoli lo abbandonano e fuggono. Pietro stesso, che tante volte aveva dichiarato il suo amore per Gesù, quando si trova alla prova dei fatti lo rinnega, se ne accorge e si pente e piange, perché si sente guardato da Gesù con uno sguardo di amore.  Le folle, che avevano tante volte osannato il figlio di Davide, ora si lasciano strumentalizzare dal potere e dopo aver gridato “osanna” poi gridano il “crucifige”.
Gesù è solo. Tutti lo hanno abbandonato, tutti coloro che erano stati con lui fino a quel momento. Anche il Padre, che fino a questo momento è stato sempre con lui, anch’egli ora sembra assente”.

Sulla passione di Gesù, “incombe la coalizione suprema dei potenti: Caifa, Pilato, Erode. Gesù, dinanzi a questo potere, con il suo silenzio esprime la più grande delle condanne – dice ancora il Vescovo – Sta a noi scegliere in che veste vogliamo entrare nella storia della passione di Cristo: se nella veste del Cireneo che si affianca a Gesù, per portare con lui il peso della croce; se nella veste delle donne che piangono, del centurione che lo riconosce come “figlio di Dio” o se vogliamo entrarvi nella veste di Giuda che lo tradisce, di Pietro che lo rinnega, di Pilato che se ne lava le mani e di coloro che  “guardano da lontano” come vanno a finire le cose. Al momento del suo arresto soltanto Matteo riporta le parole del Signore: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periscono di spada”. Egli sa che il potere non si vince con un altro tipo di potere ma con l’amore fino al totale dono di sé nella morte”.

Nella passione di Gesù, che versa il suo sangue per ristabilire l’Alleanza tra Dio e l’umanità, si realizza il progetto salvifico di Dio già espresso nell’Antico Testamento. “Con la morte di Cristo il velo del tempio si squarcia per significare che Gesù ha abbattuto il muro della separazione e ci aperto il passaggio per entrare nel cuore di Dio – prosegue Pennisi – Nel racconto di Matteo c’è la confessione di fede in Gesù crocifisso fatta da un centurione pagano e dalle guardie , che, presi da grande timore, dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio”. Gesù è davvero il Figlio di Dio – proprio perché è rimasto sulla Croce anziché scendere – e mentre i giudei e i sacerdoti lo rifiutano, i soldati pagani lo riconoscono. Soltanto un Dio fatto uomo poteva morire così, perché soltanto in un Dio vulnerabile, debole c’è una misericordia infinita per chi cade, per chi soffre e chi muore”.

Gesù crocifisso è nudo, ha le mani vuote, offre soltanto le braccia aperte a chi vuole accostarsi a lui – conclude il Vescovo – Ha le braccia spalancate in un abbraccio che non si rinnegherà in eterno per perdonare tutti i peccati, per abbracciare ogni dolore, per raggiungere ogni regione di solitudine e di morte. Sotto la croce Dio ci rivela il suo vero volto dell’Amore gratuito che si dona. La contemplazione della passione di Gesù che ci mette davanti alla manifestazione dell’amore di Dio per noi deve essere per ciascuno di noi sorgente di conversione del cuore e di rinnovamento spirituale, un invito a poter stare accanto a tanti crocifissi di oggi che vivono in una situazione di sofferenza, un invito a seguire Gesù sulla via della croce per essere partecipi della sua resurrezione. In questa domenica delle Palme unica nella vita di molti di noi, in mancanza di una palma benedetta, vi giunga una speciale benedizione del Signore con tutto il carico del mio affetto e della vicinanza della Chiesa soprattutto a quanti soffrono per la malattia, per la solitudine, per la precarietà della vita. Buona Settimana Santa”.

 

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