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La strage di Bologna, 39 anni dopo Altofonte piange le sue vittime

Sono trascorsi 39 anni dal quel 2 agosto 1980. Erano le 10,25 alla stazione di Bologna, quando una bomba a tempo e depositata nella sala d’aspetto esplose causando una strage: si contarono alla fine 85 morti e 200 feriti tra i quali numerosi mutilati. La carica esplosiva era stata miscelata con cura professionale per essere micidiale e devastante e causare il maggior danno possibile: infatti fece crollare l’ala ovest dell’edificio, ma l’onda d’urto investì il treno Adria Express in quel momento in sosta sul primo binario, distruggendo 30 metri di pensilina e il parcheggio antistante quella parte della stazione.

Anche Altofonte pianse le sue vittime. E le piange anche oggi con una cerimonia che si terrà al cimitero. Tra le vittime, infatti, tre giovani del centro alle porte di Palermo. Luca Marino (24 anni), Angelina Marino (23 anni), Domenica Marino (26 anni). A perdere la vita anche Antonella Ceci di appena 19 anni, fidanzata di Luca. Quel giorno Angelina e Domenica erano arrivate a Bologna per conoscere proprio la futura cognata. Nel pomeriggio di quel 2 agosto, una telefonata sconvolse per sempre la vita della famiglia parchitana: era stata trovata la carta d’identità di Mimma. Poi, da sotto le macerie, hanno estratto i corpi, uno dopo l’altro di Domenica, Luca, Angelina e Antonella.

Attorno a questa strage, come era già avvenuto per quella di Piazza Fontana nel 1969, si sviluppò un cumulo di affermazioni, smentite, piste vere e false, tipiche di altri tragici avvenimenti della “strategia della tensione” che aveva attraversato una lunga parte della storia della cosiddetta Prima repubblica, insieme alla stagione della guerra armata delle Brigate Rosse culminata con l’eccidio di Via Fani e la prigionia e l’assassinio del Presidente Aldo Moro, avvenuto il 9 maggio 1978. Ci fu dunque contemporaneità nella deriva storica di polarizzazione ideologica, in un’epoca in cui lo Stato non si dimostrò sempre all’altezza dei fatti, capace di prevenire attentati e atti criminali attraverso i servizi di intelligence. Basti ricordare le affermazioni del giudice Libero Mancuso che, molti anni dopo i fatti di Bologna dichiarò che i depistaggi erano iniziati il giorno stesso della strage, imputata allo scoppio di una caldaia della stazione. Restano a distanza di anni molti interrogativi che non sono stati ancora del tutto chiariti. Possiamo aggiungere a questa lunga scia di sangue e di terrore i delitti “eccellenti” dei magistrati siciliani Falcone e Borsellino, ricordati recentemente poiché avvenuti a poco più di cinquanta giorni l’uno dall’altro nel maggio e luglio 1992.

Il 28 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna emise 28 ordini di cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari, di Terza Posizione e del “Movimento Rivoluzionario Popolare”. A questi se ne aggiunsero un’altra cinquantina. Alla fine furono tutti scarcerati. Dopo lunghe indagini e un contrastato processo, come esecutori materiali della strage furono condannati Valerio Fioravanti e Francesca Mambro che si dichiararono sempre estranei ai fatti (“Siete stati depistati. Noi condannati sull’altare della necessità storica”). Ancora oggi si cerca la verità. E Bologna si ferma di nuovo, come ogni anno, per ricordare le vittime di questa strage e chiedere a gran voce la ricerca della verità.

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