È morto Totò Riina, si porta nella tomba i segreti di Cosa Nostra

Redazione

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È morto Totò Riina, si porta nella tomba i segreti di Cosa Nostra

17 Novembre 2017 - 08:40

E’ morto alle 3,37 di questa notte il boss corleonese Totò Riina. Malato da tempo, era in coma dopo due interventi chirurgici subiti presso la struttura ospedaliera del carcere di Parma. Arrestato il 15 gennaio del 1993, dopo 24 anni di latitanza, era ancora considerato dagli inquirenti il capo indiscusso di Cosa nostra. Mai avuto un cenno di pentimento, irredimibile fino alla fine, solo tre anni fa, dal carcere parlando con un co-detenuto, si vantava dell’omicidio di Falcone e continuava a minacciare di morte i magistrati. Dopo gli interventi dei giorni scorsi le sue condizioni si erano aggravate e per questo il ministro della Giustizia Andrea Orlando, dopo il parere positivo della Procura nazionale antimafia e dell’amministrazione penitenziaria, aveva firmato il permesso per i figli, la moglie e i parenti più stretti autorizzandoli a stare vicini al proprio congiunto.

Nato a Corleone il 16 novembre 1930 si legò presto al capomafia Luciano Liggio. La sua prima condanna a 19 anni, scontò parzialmente una pena di 12 anni per aver ucciso in una rissa un coetaneo. Con Liggio prese parte alla faida contro gli uomini di Michele Navarra e nel 1969 inizio la lunga latitanza. L’ascesa a capo indiscusso di Cosa Nostra fu sancita il 10 dicembre del 1969 con la “Strage di viale Lazio”, che doveva punire il boss Michele Cavataio. Sempre in quel periodo mise le mani nella politica e nell’amministrazione con l’amico Vito Ciancimino. Nel 1971 uccise il procuratore Pietro Scaglione e partecipò a diversi sequestri ordinati da Liggio a scopo di estorsione. Nel 1974 scatenò la seconda guerra di mafia che nel 1981 vide l’uccisione di oltre 200 mafiosi della fazione Bontade-Inzerillo-Badalamenti. Nel 1982 si insediò la nuova “commissione” guidata proprio da Riina.

Referente politico del boss corleonese inizialmente fu Vito Ciancimino, che nel 1976 instaurò un rapporto solido con Salvo Lima. Ne seguì una serie di omicidi politici: il 9 marzo 1979 Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia cristiana; il 6 gennaio 1980 fu ucciso il presidente della Regione delle carte in regola Piersanti Mattarella; il 30 aprile 1982 il leader del Pci siciliano Pio La Torre.

Il 30 gennaio 1992 il primo colpo inflitto dallo Stato alla mafia di Riina. La Cassazione conferma gli ergastoli del Maxiprocesso e sancì l’attendibilità delle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta. Quell’anno vennero uccisi Salvo Lima e Ignazio Salvo. A maggio Riina dichiara guerra allo Stato. La strage di Capaci il 23 maggio 1992 nel quale fu ucciso Giovanni Falcone e cinquantasette giorni dopo il 19 luglio 1992 l’autobomba che uccise Paolo Borsellino, in via D’Amelio. Nel ’93 le stragi del Continente. Fu arrestato davanti la sua villa in via Bernini a Palermo il 15 gennaio del 1993 dalla squadra speciale dei Ros guidata dal Capitano Ultimo.

Riina stava scontando 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi e stragi tra le quali quella di viale Lazio, gli attentati in cui persero la vita Falcone e Borsellino e quelli del ’93, nel Continente. L’ultimo processo ancora in corso in cui era imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato, è quello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.

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