Mobbing, liti e la mancanza di un comandante: il lato oscuro della Polizia Municipale

Redazione

Cronaca

Mobbing, liti e la mancanza di un comandante: il lato oscuro della Polizia Municipale

06 Marzo 2017 - 18:24

Quarant’anni di lavoro, con indosso la divisa della Polizia municipale. Un percorso che si è concluso forse in maniera diversa da come se lo aspettava. Ma con onore. G.Z., commissario della Polizia Municipale è andato in pensione. Ci ha inviato una lunghissima lettera in cui “sento la necessità di dover esternare e rendere pubbliche alcune riflessioni nei confronti dell’amministrazione comunale e, più in particolare, verso una sua istituzione, quella della Polizia Municipale, la cui funzione dovrebbe essere indirizzata a rivestire un ruolo fondamentale e decisivo per la salvaguardia del patrimonio comunale, per la prevenzione ed il controllo delle attività contrarie alle disposizioni del governo cittadino, per il contrasto e l’individuazione di attività elusive ed evasive dei tributi, nonché per l’effettiva garanzia di legalità, razionalità ed efficienza dell’azione sul territorio e di tutto quanto previsto dai vari regolamenti e leggi nazionali e regionali che fanno ricadere sulla Pm un’infinità di competenze”.

Abbiamo letto e, diciamo la verità, ci siamo un po’ sconcertati di fronte ad alcuni episodi che il commissario racconta. Segno che la Polizia Municipale, nasconde punti oscuri su cui il sindaco Piero Capizzi e l’assessore Nicola Taibi dovranno lavorare. Oggi, con la lettera di G.Z. (ne pubblichiamo solo alcuni stralci, perché delle parti saranno utilizzate per una nostra inchiesta in fase di elaborazione, ndr), inizia un percorso di scoperta della Polizia Municipale di Monreale, un tempo fiore all’occhiello della cittadina normanna, ma che adesso rappresenta un’istituzione da vedere e correggere. Perché non è tutto ore quel che luccica. Diciamo la verità. Qui si deve ripartire dalle basi: dai controlli del centro storico, la sosta selvaggia (attendiamo che qualcuno ci spieghi come e dove sarà utilizzato lo strett control e soprattutto quanto è costato), l’autovelox (nelle strade che servono e con controlli costanti), il carro attrezzi e la nomina di un vero comandante.

“Caro direttore (…),
in tutti questi anni (con particolare riguardo all’ultimo decennio), nonostante la carenza di mezzi, ma soprattutto di precisi atti di indirizzo da parte di taluni dipendenti preposti alla direzione della Pm e dei sovrastanti organi ai quali è stata delegata l’azione organizzativa e politica di controllo, ho cercato di assolvere ai miei doveri con dedizione, a volte in forza di esclusiva iniziativa personale, cercando di portare a buon fine, nel prioritario interesse dell’ente comunale, i compiti che mi sono stati assegnati. Ciò, però, non è stato sempre visto di buon grado, poiché ho sempre cercato di agire in maniera imparziale e operare secondo principi di equità e correttezza. (…)
Il Corpo della Pm, qualora fosse stato organizzato e guidato da persone adeguate, motivate e la loro azione sostenuta dalle varie amministrazioni, avrebbe potuto rappresentare il fulcro dell’azione di governo a garanzia della giusta fruizione dell’inte-resse comune e dei diritti e doveri dei cittadini. Ma tutto questo sembra non sia mai stato considerato meritevole di apprezzamento da parte degli Amministratori che si sono alternati alla guida della Città, tranne che in brevi momenti storici. Costoro, invece – mantenendo una vecchia logica – si sono distrattamente “accontentati” di taluni dipendenti preposti impropriamente ed inadeguatamente alla direzione del Corpo della Pm, appiattiti nelle loro direttive e a garanzia dei vari interessi del momento. Anziché incaricare risorse umane competenti, capaci di perseguire l’interesse generale, dotandole di specifiche qualità che gli consentissero di agire nell’ambito di un’autonoma sfera di azione, assoggettata solamente all’osservanza delle leggi e dei regolamenti, hanno preferito puntare su “modesti” soggetti di loro fiducia che hanno eseguito solo le volontà dei politici di turno. Di ciò ne è conferma il fatto che per tutto un lunghissimo periodo (pari a circa dieci anni) non è stato mai messo a concorso pubblico l’incarico per la copertura del posto di Comandante – Dirigente della Pm, nonostante i vari Sindaci abbiano sempre esternato l’interesse per tale problematica.

Non è senza effetto rammentare al riguardo come, proprio il Sindaco pro tempore con direttiva n. 1812 del 17.11.2009, avesse personalmente rimarcato “l’impellente necessità di assicurare la direzione strategica del Corpo medesimo, tenuto conto della peculiarità della figura professionale che deve possedere i requisiti per l’esercizio delle funzioni di P.S. e di comando”; e come tale impellenza nell’intendimento del Sindaco, scaturisse (testualmente!) dalla necessità di “…assicurare l’ordinato svolgimento di funzioni e compiti primari e indefettibili di ordine pubblico di speciale natura che impongono di unità dirigenziale per esercitare il comando della P.M., non surrogabile, se non per breve tempo…”. Inoltre, quanto contenuto in seno a detta nota, è stato ribadito dal predetto Sindaco unitamente ad alcuni componenti della G.M. alla presenza del Prefetto di Palermo nella riunione svoltasi in Prefettura il 2 maggio 2012; in tale circostanza quel Sindaco assumeva precisi impegni in ordine alla nomina del Comandante : impegni invero mai assolti. Gli atti delle varie Giunte riguardanti la Pm, per ultima quella dell’attuale Amministrazione, si sono sempre limitati a mettere qualche “pezza” a situazioni contingenti, senza mai procedere (a fronte del tanto decantato “cambio di logica”) ad una vera ed effettiva riorganizzazione strutturale del Corpo. Non basta fornire qualche automezzo e qualche uniforme per rendere efficiente un corpo di Pm, o, rendere pubblici interventi che dovrebbero rientrare nella naturale attività di vigilanza e controllo, ma occorre investire sulla formazione dei suoi appartenenti, sulle persone che abbiano passione per tale delicato ruolo e che sappiano anche trasmetterla a tutto il personale sottoposto, che sappiano sviluppare qualità e competenze ed uno spiccato senso del dovere e, soprattutto, che credano in un progetto di rinascita sociale, civile ed economica della città. Solo dei veri professionisti possono fare in modo che il Corpo della Polizia Municipale di Monreale si riappropri delle proprie funzioni e della dignità di una istituzione che sia al servizio della comunità monrealese.

In questa sede voglio tralasciare i particolari dei tanti episodi che mi hanno riguardato personalmente e che si sono protratti fino a qualche mese prima del collocamento in pensione – con gravi ricadute disciplinari e giudiziarie – scaturiti solo da discussioni e legittime prese di posizione a difesa dell’attività operativa del Corpo o della sua organizzazione interna, nonché della mia dignità personale e professionale. Solo per fare un esempio, voglio citare l’azione vessatoria posta nei miei confronti e che mi ha costretto, paradossalmente, a dover agire nei confronti del Comune per specifici e palesi episodi di mobbing. Tale vicenda, a conferma dell’ostracismo sistematicamente perpetrato nei confronti di chi vuole semplicemente svolgere il proprio lavoro e rappresenta la disorganizzazione e l’inefficienza operativa (se non di caos) della Polizia Municipale, ha comportato invero, nei miei confronti, un estremo disagio. Ormai concluso il mio servizio, ho sentito il dovere di condividere con i miei ex colleghi ed i cittadini di Monreale una città con straordinarie potenzialità di sviluppo economico e sociale – che le varie Giunte di governo non hanno saputo e/o voluto cogliere alcuni tratti della mia lunga esperienza, con il rammarico di non essere stato messo nelle condizioni (anzi, spesso osteggiato dai preposti di turno alla direzione della Pm) di poter adempiere in pieno le mie funzioni, nel nome di un interesse primario cioè quello della collettività monrealese.

Resto comunque fiducioso che, prima o poi, in un futuro più o meno lontano, una mente illuminata possa ridare il giusto valore, immagine e dignità al Corpo di Pm di Monreale e possa rappresentare, da un lato, il punto di riferimento, orientamento e sostegno per tutti gli operatori (intendo precisare che il Corpo è composto in prevalenza da persone che, se motivate e correttamente guidate da una figura “forte ed autorevole” sono in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati) e, dall’altro, l’effettiva garanzia di legalità, razionalità, efficienza e funzionalità. Per argomentare nello specifico, va innanzitutto posto in evidenza che nella costanza del mio rapporto di lavoro, caratterizzato per dedizione al mio ruolo professionale (o forse proprio per questo) ho dovuto subire ripetuti soprusi, comportamenti discriminatori e declassamento dalle funzioni, tali da incidere negativamente sull’immagine e sul valore della mia attività lavorativa. Invero, tale comportamento è stato motivo – da parte di chi non sa scindere vecchi rancori personali dalle proprie finalità istituzionali – di atti inconsulti nei miei confronti. Infatti, questi, approfittando di vicende in cui emergeva il mio coinvolgimento, con palese solerzia e, nei modi che rasentano spesso l’illegalità e/o l’abuso d’ufficio o di potere, costruendo ad hoc presunti comportamenti illeciti, hanno operato valutazioni personali negative, instaurato procedimenti disciplinari e denunce di rilevanza penale, etc., finalizzati ad arrecarmi non solo danni economici, ma soprattutto all’immagine, avendo dovuto affrontare l’onta di subire accuse prive di fondamento strettamente connesse al mio ruolo professionale rivestito in modo più che esemplare.

Il mio ultimo anno di servizio, si è invero caratterizzato per le vicissitudini subite ad opera di XXX che traggono origine dalle discutibili azioni poste in essere, e ciò, si è reso possibile in assenza di ingiustificato controllo gerarchico o, ancor peggio, tacitamente ed implicitamente condiviso dagli organismi competenti, informati dei fatti, che avrebbero potuto almeno in parte limitarne i lamentati disagi privandomi, in particolare, di una postazione di lavoro nonché – senza una plausibile motivazione – estromettendomi dai servizi gravati di salario accessorio, senza che nessuna iniziativa in merito venisse adottata “in primis” dal Dirigente incaricato della Pm. Balza evidente, da quanto sopra evidenziato, che sono stati violati i principi che regolano i rapporti di lavoro, così da determinare uno scenario che non lascia spazio all’immaginazione per il venir meno dei requisiti minimi di razionalità organizzativa.

Orbene, episodi del genere (spesso anche di maggiore rilevanza e gravità), frequenti all’interno dell’organizzazione in cui ho lavorato, dove le problematiche legate all’efficienza e, direi, ai minimi requisiti di razionalità organizzativa, di rispetto delle regole e delle persone, ma soprattutto del buon senso (non portati a conoscenza degli organi competenti) sono certamente riconducibili all’assenza pluriennale di una “guida certa – forte – stabile – adeguata e qualificata del Corpo di Polizia Municipale”. Si ritiene, in proposito, che il compito di un “Responsabile” debba essere quello di “saper dialogare” anziché emettere “atti imperativi”, disposizioni di servizio mirate a cagionare danno a qualcuno, nonché condividere i processi organizzativi per la loro risoluzione e sapere soprattutto “ascoltare”, anche per problematiche che incidono sulla sfera personale del singolo”.
G.Z.

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Un commento a “Mobbing, liti e la mancanza di un comandante: il lato oscuro della Polizia Municipale”

  1. ClaudioG ha detto:

    Premetto che non so chi sia colui che scrive, nè ho interessi nel Corpo.
    Trovare questo articolo ospitato sulla vs testata mi ha lasciato perplesso.
    Spero che dalle parti omesse, nascano articoli più consistenti.
    L’autovalutazione nel campo lavorativo (in tutti gli ambiti lavorativi, in primis la P.A.) la fa da padrone.
    Con le conseguenze nefaste contenute nelle parole di cui scrive.
    La prova di quello che dico trova fondamento nel passaggio “estromettendomi dai servizi gravati di salario accessorio”.
    Mi pare di capire che alcune prestazioni lavorative portano una maggiore retribuzione.
    Chi le deve porre in essere? Tutti a turno? Direi di no. Quelli che hanno una maggiore professionalità/capacità/ecc. ecc. per compierla.
    Quindi solo un ristretto numero di vigili? Probabilmente si, se sono in grado di dare soddisfazione al valutatore.
    Chi deve decidere (in scienza e coscienza)? Il dipendente medesimo o qualcun altro? Evidentemente la scelta non è caduta sulla sua persona.
    Sono certo che, anche il pizzaiolo, la commessa, il dipendente regionale e chi più ne ha, più ne metta, a fine vita lavorativa potranno inviarvi la loro memoria di insoddisfazione lavorativa quotidiana.
    Non me ne voglia signor G.Z. ognuno di noi, ad ogni livello ha un “superiore” considerato (da se stesso) inetto e colleghi di professionalità discutibili (sempre in autovalutazione).
    Proprio per questo Lei è stato giudicato da un terzo, che sarà giudicato da un altro terzo, e via così risalendo l’organigramma funzionale del proprio datore di lavoro.
    Si goda la pensione in serenità e dimentichi ciò che il suo quotidiano lavorativo le ha fatto giornalmente inghiottire.
    Saluti.

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