Cronaca

Santa Lucia, un “mare di arancine”. “Accarne o abburro?”

Essere o non essere? Questo era il dubbio di Amleto nella tragedia di William Shakespeare. Oggi anche a Monreale la domanda, o meglio il dubbio amletico è solo uno: alla carne o al burro? O, per dirla in siciliano, “accarne” o “abburro”? Anche se, negli ultimi anni ormai i gusti delle arancine sono i più svariati e i più strani, da quelle con il salmone, a funghi e salsiccia, ai 4 formaggi oppure al cioccolato. Quest’anno abbiamo scelto per le nostre foto “Le bontà di Peppe” di Giuseppe Badagliacca (guarda qui la gallery), monrealese che sarà presente con le sue arancine al prossimo Palermo Street Food Festival (leggi qui). GUARDA LE FOTO.

LA STORIA DI SANTA LUCIA
Anche Monreale celebra Santa Lucia, morta da martire a Siracusa nel 304. Lucia nasce a Siracusa alla fine del III secolo in una famiglia nobile e molto ricca. Da piccola rimane orfana di padre e con la madre sono costrette a professare di nascosto la religione cristiana per sfuggire alle persecuzioni. Ancora ragazzina, Lucia era promessa sposa a un giovane pagano ma lei non aveva alcun interesse per il matrimonio: in lei era forte l’amore per Dio. Sua mamma inizia a stare male e soffre di gravi emorragie. Lucia la convince a recarsi in pellegrinaggio a Catania presso la tomba di Sant’Agata, in occasione dell’anniversario del suo martirio per chiedere la grazia della guarigione. Dopo la messa, Lucia, mentre prega sul sepolcro, si addormenta e in sogno le appare Sant’Agata che le promette la guarigione della madre e le anticipa che diventerà santa. Subito la madre ritornò a stare bene. Supportata da questo miracolo e dalle parole della Santa, Lucia tornata a Siracusa comunica alla madre che non vuole sposarsi e che la sua intenzione era quella di aiutare i poveri della città, donando loro tutto quello che possedeva. La notizia arriva alle orecchie del pretendente di Lucia che preso dall’ira, avendo scoperto la sua fede cristiana, la denuncia all’arconte di Siracusa (Pascasio) che subito la fa arrestare. In quel tempo, infatti, erano in vigore i decreti di persecuzione dei cristiani emanati dall’Imperatore Diocleziano. Durante il processo, Pascasio cerca di convincere Lucia a rinnegare la sua fede e a compiere sacrifici in onore degli dei romani, lei però non cede. Alterato dalle sue risposte, ordina che sia portata in un “luogo infame, dove sarai costretta al disonore” (postribolo), ma quando i soldati tentano di spostarla, Lucia miracolosamente diventa irremovibile. Pascasio pensa che Lucia sia una strega per questo ordina che sia cosparsa di urina e di riprovare a muoverla usando dei buoi. Ma gli animali non riescono a spostarla. L’arconte, infuriato, ordina che venga bruciata. Cosparsa di pece e olio, il corpo di Lucia viene avvolto dalle fiamme, ma non brucia. Alla fine Lucia fu decapitata con un colpo di spada. Si narra anche che le furono strappati gli occhi, per questo lei divenne protettrice della vista, anche se non ci sono fonti ufficiali su questo gesto terribile. L’emblema degli occhi sulla coppa, o sul piatto, è da ricollegarsi, semplicemente, con la devozione popolare che l’ha sempre invocata protettrice della vista a motivo del suo nome Lucia, da Lux, che vuol dire “luce”. Il 13 dicembre del 304, Lucia muore da martire e il suo nome e quello di Siracusa diventano famosi in tutto il mondo.

IL MIRACOLO DI LUCIA
Attestato dalla testimonianza scritta di un testimone oculare, come il miracolo della fine della carestia dell’anno 1646, domenica 13 maggio, una colomba fu vista volteggiare dentro la Cattedrale durante la Messa. Quando la colomba si posò sul soglio episcopale, una voce annunciò l’arrivo al porto di un bastimento carico di cereali. La popolazione tutta vide in quella nave la risposta data da Lucia alle tante preghiere che a lei erano state rivolte.

PERCHE’ NON SI MANGIANO PANE E PASTA
Dopo il miracolo, i palermitani decisero di bollire il grano e di condirlo con dell’olio di oliva. Fu così che nacque la cuccìa, il cui nome deriva da “coccio” cioè chicco. Anche se oggi la ricetta è del tutto rivisitata e resa molto più golosa. La festività dovrebbe avere una finalità spirituale: in ricordo del miracolo la Chiesa propone il digiuno e l’astensione dal consumare, per questa giornata, pane e pasta. Un celebre motto palermitano recita: “Santa Lucia, vulissi pani, pani unn’ aiu e accussi mi staiu”. Ma il 13 dicembre, in un tripudio di arancine, panelle, gateaux e cuccìa, si preferisce consolare lo stomaco piuttosto che l’anima.

LA RICETTA DELL’ARANCINA
INGREDIENTI:
500 gr di Riso “originario”
1 dado vegetale
sale
1 bustina di zafferano
1 uovo sbattute
50 gr di burro
100 gr di parmiggiano grattuggiato

PER IL RIPIENO:
250 gr di Prosciutto cotto a dadini
250 gr di mozzarella a dadini
un pizzico di sale
pepe abbondante

PER LA PANATURA:
Pastella di Acqua e farina liquida
Pan Grattato

PREPARAZIONE:
Portate a cottura il riso con circa un litro di brodo in modo da far si che, a cottura avvenuta, l’acqua sia stata completamente assorbita, otterrete così un riso molto asciutto e appiccicoso grazie all’amido che rimane in pentola. Aggiungete al riso lo zafferano, il burro e il parmigiano. Quando il riso sarà tiepido, amalgamate al tutto anche le uova. Per dare forma alle arancine, dovrete stendervi nel palmo della mano il riso, formare un incavo al centro, dove porrete il ripieno. Richiudete aiutandovi con un’altro pò di riso. Passatela alla Pastella e, infine, al pangrattato. Friggeteli in abbondante olio bollente, assicuratevi che l’arancina sia completamente immersa, fino a quando non si sono ben dorati. Servite le arancine calde oppure tiepide. GUARDA LE FOTO.

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