“Incapace di intendere e volere”, assolta la donna che gettò la figlia nel cassonetto

Redazione

Palermo

“Incapace di intendere e volere”, assolta la donna che gettò la figlia nel cassonetto
La decisione della Corte d'Assise di Palermo. L'accusa aveva invece chiesto la condanna a 21 anni per omicidio premeditato

16 Luglio 2016 - 12:04

Per i giudici non era capace di intendere e volere. Valentina Pilato (nella foto), la mamma che gettò la figlia appena nata in un cassonetto il 24 novembre 2014 (leggi qui e qui), è stata assolta. La Corte d’Assise di Palermo, ha dichiarato il difetto di imputabilità. La donna adesso è libera, ma dovrà affrontare una cura psichiatrica. La Procura aveva chiesto la condanna a 21 anni per l’imputata per omicidio premeditato (leggi qui). Per l’accusa la donna era invece capace di intendere.

valentina pilato

Valentina Pilato

Il processo si è giocato tutto sulle perizie sulle condizioni psichiche della donna. Per Francesco Bruno e Maria Pia De Giovanni, che hanno eseguito la perizia disposta dalla Corte d’assise, quando gettò sua figlia appena nata nel cassonetto di via Di Giorgi Valentina Pilato non era in grado di intendere e volere. Si liberò del feto come si fa di “un oggetto pericoloso che la mente della madre si rifiuta di considerare un figlio”.

La donna secondo i due eperti, ha un disturbo grave dell’umore che si “accompagna a vissuti dissociativi e paranoidei di tipo cognitivo anancastico”. Questa condizione era presente al momento dell’infanticidio e al momento del parto avvenuto “dopo una rilevante negazione della gravidanza e di qualsiasi reazione affettiva a esso legata”. Di parere opposto i periti della difesa, curata dall’avvocato Enrico Tignini. Inizialmente i pm avevano contestato alla giovane mamma il reato di infanticidio, l’imputazione, però, è stata poi modificata.

Secondo la ricostruzione della Procura e come in parte ha ammesso anche l’imputata, la gravidanza sarebbe stata nascosta a tutti. I parenti della donna si sarebbero accorti, come hanno testimoniato durante il dibattimento, che non stesse bene, avendo tentato anche il suicidio. Così avevano deciso di riportarla a Palermo dal Friuli, dove si era trasferita con il marito.

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