Pornocultura e governance di una città

Quando si parla di governare un partito e di gestione di una città, si oscilla tra due distinte razionalità: una razionalità politico-giuridica che riguarda la forma dell’enunciato politico (gestione dei rapporti, condivisioni, consenso, progettualità, affermazione identitaria) e dall’altra parte, troviamo una razionalità economica di governo che riguarda la governance della comunità cittadina.

Spesso queste due razionalità viaggiano su binari separati, gli intellettuali prevalentemente sulla prima e i politici prevalentemente sulla seconda. In questa ottica il sindaco come il segretario del partito di attuale maggioranza dovrebbero contraddistinguersi con una costante tendenza a coniugare insieme queste due razionalità attraverso una visione realistica dei problemi e delle soluzioni.

“Qualcuno” dovrebbe cercare di mettere in rilievo la correttezza delle scelte, l’etica della persuasione, la necessità di ispirare coinvolgendo, come fondamento per la costruzione di una “politica della ragionevolezza”. Questa forma di realismo consentirebbe di tenere insieme la rigorosa formazione giuridica, la profonda passione civile e il forte impegno ideale (qualora ve ne fosse).

Dinanzi alle vicende di questi ultimi giorni si rimane a bocca aperta di fronte alle variegate e coloratissime reazioni dei cittadini più che degli stessi attori, però tirando le somme e cercando di oggettivare il fatto di cronaca ciò che dispiace registrare è il silenzio delle dirigenza del Pd. Questa afasia lascia trasparire una confusione generale quasi a lasciare una libertà di interpretazione a dir poco angosciante. Mi chiedo perché siano presenti questi aspri conflitti interni, perché non vi sia la ricerca di un reale chiarimento, perché questo gruppo politico non abbia la capacità di trovare una sede (anche fisica e stabile) in cui confrontarsi costantemente, studiando, per affacciarsi alle criticità cittadine.

I nostri cittadini si indignano perché una città come la nostra abbisogna di persone (soggetti politici) con passione, esse devono sempre studiare e studiare, coinvolgendo i più giovani e gli esperti esterni, i cittadini per gruppi o per rappresentanze, prescindendo anche dall’affinità politica. Ciascun soggetto politico va rispettato, anche chi appare insignificante, Chi è donna, uomo, transgender, chi è povero, chi è rozzo, chi non riesce ad esprimere un concetto in modo grammaticalmente corretto.

Tutti quelli che stanno dentro un partito, un gruppo, un’aula consiliare, rappresentano migliaia di cittadini che li hanno scelti e vanno rispettati per questo. Rispetto non vuol dire assenza di critica. Vuol dire critica che rispetta, che non offende, che va alla sostanza politica dei problemi, non alle valutazioni di carattere personale. E’ assolutamente errato far prevalere i ruoli formali e istituzionali, ma la leadership si conquista con quanto fai, secondo come ti prepari, come rispetti gli altri (senza infamare sui social dietro profili falsi o restando vigliaccamente vaghi), conta invece come si costruisce il consenso nell’Aula, nelle Commissioni e nella vita quotidiana. Il plauso dei cittadini arriva sempre quando ci si impegna per fare il proprio lavoro con capacità e competenza. Lo sforzo e l’obiettivo danno unico significato al lavoro civico.

Inoltre in questo frangente storico ed economico appare chiaro che per svolgere con serenità il ruolo di consigliere e/o di politico in genere, non bisogna dipendere dalla politica e dai suoi emolumenti sempre inadeguati rispetto all’impegno che essa richiede. Occorre restarne liberi anche economicamente, e soprattutto quando si è incapaci di apportare un vero contributo, bisognerebbe affrancarsene. Allorché non si è in sintonia bisognerebbe avere la capacità di andarsene soprattutto quando si avverte che non ci si diverte più.

Tanti anni fa la sinistra si attorniava di intellettuali “organici” per esprimere un’approvazione ampia e strutturata, per condividere a più livelli le scelte e per meglio interpretare i valori interni e delle masse. Invece oggi manca un pensiero logico e di spessore che guidi con distacco e lungimiranza la politica. Al contrario qui gli di veramente culturale si produce poco o niente. Le idee ci sono, per carità, ma mancano gli uomini che poi sappiano realizzarle.

Ora siamo stanchi alla stregua di tutta la cittadina e al traguardo dei due anni di governo vorremmo poter vedere un nuovo orizzonte di intenti e interessi, passando dalla governance dell’emergenza a quella della realizzazione e della intraprendenza.

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