Sicilia, prime condanne storiche per il reato di "ecomafia"

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Sicilia, prime condanne storiche per il reato di "ecomafia"
Pene confermate in appello nel processo "Vivaio", sulla gestione dei rifiuti sulla fascia Tirrenica dell'Isola

18 Gennaio 2016 - 00:00

Le condanne a più di 100 anni di reclusione confermate in appello nel processo “Vivaio”, svolto dalla procura di Messina, hanno accertato, definitivamente nel merito, la presenza di Cosa Nostra nella gestione dei rifiuti nella fascia Tirrenica della provincia di Messina. Si tratta della cosca messinese dei Mazzarroti, operativa sull’intero territorio nebroideo, capace di intessere ottime relazioni anche con le amministrazioni pubbliche e con il mondo delle professioni e dell’imprenditoria. Non a caso, tra i condannati, figura anche l’ex sindaco e ex amministratore della società che gestisce ancora oggi la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, la Tirreno Ambiente. “Lo spaccato che emerge dal processo – spiega Rossella Muroni, Direttore Nazionale Legambiente – dimostra l’intraprendenza della mafia soprattutto laddove si trascinano modelli antiquati di gestione degli scarti, a cominciare da vecchie discariche e dall’assenza totale di politiche di riduzione, riutilizzo e riciclo di rifiuti: ennesimo riprova, quindi, che per cambiare lo strapotere dei clan occorre, oltre alla meritevole azione repressive, cambiare completamente paradigma e puntare sulle buone pratiche. L’esperienza di anni di Rapporti Ecomafia ci insegna che è soprattutto con la buona politica locale che si combattono e sconfiggono le mafie”. L’indagine “Vivaio” scattò nel 2008, smascherando il ruolo dei temibili Mazzarroti  non solo nella gestione delle due discariche di Mazzarà Sant’Andrea e di Tripi per lo smaltimento dei rifiuti urbani ma, soprattutto, per la gestione dei rifiuti speciali derivanti dalla lavorazione degli agrumi, il cosiddetto pastazzo. “Queste sono le prime condanne – prosegue Mimmo Fontana, presidente Legambiente Sicilia – relative al fenomeno dell’ecomafia nella nostra Isola. Fenomeno che come un soggetto monopolista, si è occupato a proprio modo delle diverse tipologie di rifiuti: sia entrando negli appalti e sub appalti per la gestione dei rifiuti urbani, che offrendo soluzioni spicce per lo smaltimento illegale anche di scorie speciali, anche pericolose. E come nel miglior stile mafioso, scaricando i costi ambientali, economici e sociali sugli ecosistemi e sui cittadini”. “Se non si interviene immediatamente sull’intero sistema di gestione dei rifiuti – ha concluso Rossella Muroni – recidendo completamente i grumi di malaffare e malapolitica e puntando sui cicli virtuosi di recupero di materia, dovremo aspettarci altre indagini di questo tipo, senza vedere effettivamente scardinato il ruolo delle mafie e della criminalità ambientali in questo settore”.

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