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Palermo, furti in abitazione, estorsione e minacce: sgominata una banda

I Carabinieri della Compagnia Palermo San Lorenzo hanno eseguito, alle prime ore del mattino, 6 misure cautelari in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Palermo, Agostino Gristina, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di altrettanti soggetti  indagati, a vario titolo, di “estorsione in concorso” , per aver costretto un soggetto, vittima di furto del proprio motociclo, a pagare 900 euro per ottenerne la restituzione (c.d. cavallo di ritorno), di “rapina aggravata in abitazione in concorso e furto in abitazione in concorso” commessi, in tempi diversi, ai danni di una rappresentante di commercio. L’esecuzione dei provvedimenti conclude un’attività investigativa sviluppata dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Palermo San Lorenzo sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo (Sostituto Procuratore Maurizio Bonaccorso), con riferimento alla perpetrazione di reati contro il patrimonio e, in particolare, di furti di veicoli e conseguenti estorsioni per la restituzione ai legittimi proprietari di quanto sottratto. L’attività trae origine da un servizio antirapina svolto in abiti civili dai militari del Nucleo Operativo che notavano nei pressi di un bar di via Ettore Arculeo (zona Altarello) un gruppo di ragazzi che discutevano animatamente, tra cui un giovane che nella circostanza esclamava: “l’importante che ho la moto!” – “minchia 1.300!”. Lo stesso, poco dopo, veniva rivisto mentre spingeva un motociclo Suzuki  GSX-R 1000, con il bloccasterzo danneggiato. A quel punto, sospettando che fosse stata appena consumata un’estorsione ai suoi danni, i Carabinieri intervenivano acquisendo elementi investigativi che permettevano, successivamente, di eseguire un arresto in flagranza di reato per tentata estorsione, proprio a seguito della restituzione al proprietario, in cambio di denaro, di un motociclo rubato poco prima in via Galileo Galilei. Nell’ambito delle indagini, supportate anche da attività tecniche di intercettazione telefonica, emergevano responsabilità penali a carico di un gruppo criminale dedito alla consumazione di reati contro il patrimonio quali estorsioni, furti e rapine costituito da Massimo Incontrera  (classe 1987), Domenico Carratello (classe 1988), Domenico Misia (classe 1987), Riccardo Orlando (classe 1988), Giuseppe Di modica (classe 1988) e Niko Passafiume (classe 1989). L’attività investigativa svolta, a partire dal mese di settembre 2011, consentiva di far luce su numerosi reati contro il patrimonio e di accertare la responsabilità degli odierni indagati per i seguenti episodi: –        Estorsione commessa il 24 settembre 2011 In data 24 settembre 2011, presso la Stazione Carabinieri di Palermo Altarello di Baida veniva denunciato il furto, consumato il giorno precedente, tra le ore 19,30 e le ore 24,30 in corso Finocchiaro Aprile, di un motociclo Suzuki GSX-R 600. Alcune conversazioni telefoniche, per quanto celate da un linguaggio criptico (“siccome mio zio sfasciò”), facevano chiaramente intuire come il motociclo sottratto fosse nella disponibilità di Orlando, Carratello e Misia, e che Incontrera, con la loro complicità e nella veste di intermediario, fosse intervenuto per la restituzione del veicolo al proprietario, in cambio del pagamento di 900 euro. Difatti, il 27 settembre 2011, poco dopo l’1, Incontrera chiamava il figlio della vittima e lo invitava ad aspettare in un bar dove, di lì a poco, un’altra persona l’avrebbe raggiunto per restituirgli il motociclo. La successiva conversazione telefonica intercettata dimostrava, poi, come Incontrera e le persone in sua compagnia contassero una somma di denaro, prova dell’avvenuto pagamento, concordando come ripartirla. Le ulteriori risultanze investigative documentavano come il motociclo, ormai nella disponibilità del proprietario, veniva da lui stesso fatto rinvenire da personale della Polizia di Stato in via Anselmi, nei pressi di Corso Calatafimi, alle ore 2,30 circa. La disavventura del malcapitato non terminava qui. Infatti questi, il giorno seguente, era ancora costretto a rivolgersi ad Incontrera, dopo aver constatato la mancanza di alcuni documenti che erano custoditi all’interno del motociclo, circostanza che permetteva agli investigatori di rafforzare gli elementi a carico degli indagati. Le intuizioni investigative trovavano puntuale conferma nelle successive attività di polizia giudiziaria svolte dai militari, che permettevano di ricostruire passo passo, anche attraverso la collaborazione della vittima, la dinamica del fatto, peraltro esplicativa del fenomeno criminale oggetto d’indagine (furto del motociclo – “ricerche” del mezzo da parte della vittima – intermediazione di un terzo complice – richiesta estorsiva con conseguente pagamento – restituzione del motociclo – rinvenimento del mezzo, in luogo diverso, da parte delle FF.PP. su segnalazione del proprietario). –        Rapina e furto in abitazione consumati il 22 febbraio 2012 ai danni della medesima vittima La sera del 22 febbraio 2012, a seguito di una segnalazione di rapina, personale della Polizia di Stato interveniva presso un’abitazione di via Bisazza (zona Noce). Sul posto si apprendeva dalla vittima che alle ore 20,10 circa, mentre si trovava all’interno della propria abitazione, al piano terra e con ingresso direttamente sulla strada, un uomo suonava al citofono di casa e le riferiva di aver inavvertitamente urtato la sua auto, parcheggiata sulla pubblica via. La signora, a quel punto, apriva la porta e lo sconosciuto la spingeva violentemente all’interno di casa tappandole la bocca con una mano (“Questo tizio, per impaurirmi ancora di più, mi ha spinto, io ho perso l’equilibrio e sono caduta”). Chiusa la porta e inserito il chiavistello, minacciando la signora di violenza sessuale o morte se avesse urlato, il malvivente le chiedeva soldi e oro, impossessandosi quindi di un iPad Apple, di 120 euro in contanti, oltre ad un orologio, un paio di occhiali da sole “Bulgari” e vari preziosi, prima di darsi alla fuga. Il giorno successivo, alle ore 10 circa, militari della Stazione Carabinieri di Palermo Olivuzza intervenivano presso la stessa abitazione a seguito di una segnalazione di furto. La signora riferiva ai militari di aver subito una rapina la sera precedente e di aver deciso, per tale motivo, di andare a dormire a casa di un’amica, poiché intimorita da quanto accaduto. La mattina, però, al rientro presso la sua abitazione, trovava la casa a soqquadro, constatando il furto di ulteriori oggetti preziosi. A seguito del sopralluogo svolto da personale della Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale Carabinieri di Palermo, venivano rilevate e repertate impronte papillari utili per il prosieguo delle indagini. Infatti, durante l’ispezione, venivano esaltati frammenti di contatti papillari sulla superficie esterna della finestra di una stanza posta al secondo piano, trovata aperta dalla persona offesa al suo rientro e dalla quale, con molta probabilità, i malviventi si erano introdotti all’interno dell’abitazione. All’esito dei successivi accertamenti dattiloscopici, eseguiti dal Reparto Investigazioni Scientifiche Carabinieri di Messina, emergeva come le impronte fossero riconducibili a quella del dito medio sinistro di Passafiume. Inoltre, le operazioni tecniche di intercettazione telefonica, eseguite tra il 22 ed il 23 febbraio 2012, consentivano di acquisire ulteriori elementi a carico dell’indagato per il furto in abitazione e di accertare la responsabilità penale di Orlando sia per il furto che per la rapina in danno della signora, in qualità di palo (infatti la signora aveva evidenziato la diversità di voce dell’individuo che l’aveva rapinata e di colui che aveva parlato al citofono). In particolare, le conversazioni telefoniche monitorate evidenziavano contatti: ·         con Passafiume e Di Modica, durante la commissione del furto, per sollecitare le operazioni; ·         con un tecnico informatico, immediatamente dopo la commissione dei reati, per resettare l’iPad illecitamente sottratto durante la rapina; ·         con la convivente, in seguito alla vendita dei preziosi asportati, la quale però si lamentava del fatto che, probabilmente, per liberarsi della refurtiva così velocemente, Orlando si era fatto imbrogliare (“Dico, ti sei fatto infinocchiare con quell'anello!”), riscuotendo un importo inferiore rispetto al reale valore degli oggetti. Ulteriori e successive conversazioni, poi, dimostravano come vi fossero state polemiche in relazione all’esatta quantificazione dei profitti conseguiti dalla vendita della refurtiva ed alla loro conseguente spartizione, prova evidente del concorso nel reato e della comunione di illeciti interessi. Infine, un ultimo elemento investigativo a carico di Orlando si configurava al rinvenimento dell’iPad presso il laboratorio del tecnico informatico da lui contattato il giorno dopo la rapina. I seguenti accertamenti, suffragati dalle contestuali conversazioni telefoniche, permettevano ai militari di appurare come l’iPad, presentato come un dispositivo appena acquistato online, ma identificato quale provento della rapina tramite il codice IMEI, era stato consegnato al tecnico richiedendone il ripristino, evidentemente al fine di consentirne l’immediata rivendita. L’operazione, che prende nome da uno dei termini criptici utilizzati dagli indagati per indicare gli arnesi usati per tagliare le catene dei motocicli (“Tagliaunghie”), ha permesso di disarticolare un gruppo criminale operante da anni nel capoluogo siciliano, dedito alla perpetrazione di numerosi reati contro il patrimonio, a dispetto della civile e serena convivenza.

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