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Sviluppo e turismo a Monreale: le scelte e le opportunità che non vengono colte

Sul finire di ottobre il Sole 24 Ore titolava “Cultura, si torna a investire” io stesso ho sempre criticato, in questo spazio, un determinato tipo di scelte in grado di svilire il patrimonio culturale e architettonico attribuendo alla cultura una funzione quasi miracolistica abbinata a una visione petrolifera secondo cui il patrimonio culturale generi una ricchezza. Ne faccio una questione di politica didattica e non di tipo governativo, quindi sin da ora esplicito la mia indifferenza nei confronti delle singole persone che non voglio attaccare, ma sono interessato all’agire amministrativo per la crescita della società.

Pier Luigi Sacco scrive che alle volte sembra poter “individuare una formula magica che renda questo possibile cioè: un modello di valorizzazione capace di generare ingenti profitti dallo sfruttamento turistico-commerciale del patrimonio”. I manager monrealesi hanno allora usato questo metodo lavorativo per produrre plusvalenze economiche o i numeri di ricadute e vantaggi sono solo quelli citati da esperti che elaborano asettici piani di gestione economica? Quale immagine ha prodotto questa amministrazione dal punto di vista culturale e turistico? Pochi eventi (SS. Crocifisso, Settimana di Musica Sacra, Festival Organistico di San Martino) lanciano la città sulla ribalta regionale, per il resto il nulla cala su questa cittadina dormitorio abbandonata.

Pare, pertanto, che non si riesca a coordinare validamente le energie degli operatori locali per portare profitto in seguito alle manifestazioni organizzate e che richiedono un investimento sul fronte turistico non esclusivamente in senso economico. Ad oggi possiamo ben dire che non si rintracci una linea guida e alla luce delle inverosimili occasioni mancate non ritengo ce ne sia una. Se dobbiamo “fare parlare i fatti” allora – per esempio – noto con disappunto l’assenza del logo della città di Monreale a indicare il patrocinio della Borsa del Turismo delle Religioni di cui tanto si sta parlando in questi giorni. Cosa significa tangibilmente per le amministrazioni passate e presenti – oltre i proclami di buoni intenti – fare cultura e soprattutto generare economia?

Smettiamola allora di atteggiarci a città della Cultura e di fregiarci del titolo di città del Mosaico, sono due cose che non siamo in grado di mettere a sistema e di valorizzare. Riprova ne sia qualora si faccia visita ai laboratori degli artigiani che contano unicamente sulle loro forze per emergere e farsi spazio nella vita reale del mercato e soprattutto per quanto poco si produca all’interno dell’Istituto Statale di Arte per il Mosaico slegato sempre più da un contesto pittorico musivo che si delinei con eventi e interazioni sul territorio.

Se avessimo un conservatorio sarebbe normale pensare di sfornare talenti artistici che diffondano la cultura musicale e che si affermino nel panorama artistico. Di contro noi quanti giovani mosaicisti validi abbiamo prodotto? Quanto dibattito si realizza intorno questa tecnica, ma soprattutto quanto arriva alla gente fuori le mura della cittadina normanna? Da decenni non abbiamo un cinema, un teatro, che significa tutto questo per voi? Io lo chiamerei semplicemente degrado, incuria, negligenza e se non ne sentite il bisogno è ancora peggio.

Ravvedo l’incedere di una cultura barbarica come quella abbondantemente tratteggiata da Alessandro Baricco in un suo saggio: al calo di qualità si sopperisce con le quantità, si sbaglia quando si cerca di soddisfare bisogni e non li si crea. Chi dovrebbe intervenire per arginare queste criticità? A mio avviso oltre alle Scuole anche i politici dovrebbero ipotizzare strade da percorrere con azioni concrete che pongano le basi per un rinnovamento in grado di stimolare imprenditorialità e creatività. Non voglio essere solo polemico, ma non voglio nemmeno fornire le mie personali soluzioni per non offendere l’intelligenza di chi ha trovato ampio consenso di voti.

Ancora oggi l’associazione Turismo Monreale si pone il problema di un turismo mordi e fuggi. Ritengo invece che siamo mortificati dalla incapacità di pensare, generare, strutturare dei circuiti culturali, di intrattenimento, di relazione, di emozione, di pellegrinaggio, di attrattività in senso lato capaci di  trasformare l’offerta stessa e attrarre con proposte appetibili “altro tipo di viaggiatori” non legati al bus e al circuito delle crociere. Faccio del Turismo una questione nodale perché ovviamente essa è legata profondamente alla economia attuale e futura che si può delineare a breve e medio termine

Qui abbiamo seri problemi, anche e solo, nell’approccio lessicale e concettuale, nella filosofia e impostazione del “problem solving”. Vogliamo un turista diverso? è ovvio che bisogna profilare una offerta diversa e ad alto valore aggiunto però sino ad ora ben poco di tutto questo viene fuori. Ci voleva la Arcidiocesi di Monreale per capire che una delle strade di rilancio sia quella del turismo religioso (Lourdes, Assisi Medjugorie… docet).

La sensazione è che ci siano persone per nulla innamorate della propria città. Esse si profilano con una visione provinciale, mediocre, fatta di beghe, ricattucci, ripicche, faziosità che uccidono la città e il suo popolo (quello stesso che poi versa 1400 euro pro capite per foraggiare le loro poltrone). Non vorrei pensare come Hobbes secondo cui la condizione dell’uomo é una condizione di guerra di ciascuno contro ogni altro. Loro si linciano, surfano sulla cultura, senza mai scendere in profondità dove c’è fatica e lavoro.

La loro immagine viene propagandata ostinatamente da produzioni video caricaturali e degne della repubblica delle banane e pare di ritrovarvi il gusto piacione della notorietà tout-court. Ma non trovo nemmeno la capacità di adottare degli slogan felici per rappresentarsi. Si va avanti per emergenze e che ben venga a questo punto un privato nel gestire il Complesso Guglielmo così lasceremo spazio a criteri valutativi numerici imparziali e fallimenti o successi saranno unicamente imputabili ad altri.

Non penso sia nemmeno una questione riconducibile a una maggioranza opposta alla avversa fazione politica, quanto invece una istanza intrinseca di “comune ricerca del profitto” per innalzare la qualità di vita del cittadino. Ovvio mi appare la necessità del confronto, del dibattito e del rapporto democratico, ma potrebbe darsi che voci minoritarie alle volte riescano ad esprimere il buon senso del pater familias e abbiano la solidità dell’esperienza che non trova il potere prevaricatore del numero.

Studiare, cercare, applicarsi è la ricetta: ma è dolorosa e il barbaro la rifugge e se peraltro non hai le basi culturali adeguate, il decidere in velocità porta ad errori e ad imprecisioni. Superficie al posto di Profondità (dice Baricco) cercare dal verbo greco “Kirkos” rimanda all’idea di cerchio, un itinerario in rotazione tipico di chi perde qualcosa e con tanta pazienza lo vuole ritrovare, ma Monreale è destinata a navigare sull’onda altrui.

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