“Sono convinta che gli omicidi a Palermo non si fermeranno se non cambierà qualcosa: se la legge non si farà sentire davvero e se non si darà il giusto peso alla parola omicidio”. A dirlo, parlando al Giornale di Sicilia, è Claudia Pirozzo, sorella di Massimo, uno dei tre giovani di Monreale uccisi in strada la notte di un fine settimana dello scorso aprile. Massimo Pirozzo fu assassinato insieme ad Andrea Miceli e Salvatore Turdo, quando un gruppo di coetanei esplose 17 colpi di pistola tra la folla. Per quella strage sono accusati Salvatore Calvaruso, Samuel Acquisto e Mattias Conti, giovani provenienti dallo Zen di Palermo.
“È impensabile – continua Claudia – che dopo otto anni l’assassino di mio fratello possa tornare libero e magari commettere un altro omicidio. Nelle carceri, troppo spesso, non c’è una vera rigenerazione né un reale percorso di civilizzazione”. Da questo dolore è nata l’associazione Memoria, Amicizia, Speranza, fondata ufficialmente da Claudia insieme ai familiari delle altre due vittime. L’obiettivo è promuovere la cultura della legalità partendo dalle scuole, comprese quelle dei quartieri più difficili di Palermo.
“La strage di Monreale – aggiunge – non ha aperto uno stato di emergenza. È stata sottovalutata. Da otto mesi ne parliamo in manifestazioni e convegni, ma quell’eccidio doveva essere un campanello d’allarme. Così non è stato. L’omicidio di Paolo Taormina, avvenuto a Palermo lo scorso ottobre, forse non poteva essere evitato, ma se qualcosa si fosse mosso subito dopo la strage di Monreale, probabilmente oggi parleremmo di una città diversa”.




