La lunga ombra della guerra di mafia riemersa a distanza di oltre vent’anni trova oggi un nuovo capitolo giudiziario. I carabinieri del Comando provinciale di Palermo, con il supporto dei colleghi di Napoli e Cuneo, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre uomini, tutti pregiudicati e figure di rilievo della famiglia mafiosa di Villabate, di età compresa tra i 52 e i 65 anni. Due di loro erano già detenuti per altre vicende. Le accuse sono tra le più gravi: omicidio premeditato, aggravato dal metodo mafioso e dall’obiettivo di favorire Cosa Nostra. Il provvedimento, disposto dal Gip del tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, arriva al termine di un’indagine che fra il 2024 e il 2025 ha riaperto un caso rimasto irrisolto per oltre due decenni: l’omicidio di Antonino Pelicane, ucciso a colpi di arma da fuoco il 30 agosto 2003 nei pressi di Corso dei Mille, a Palermo.
Pelicane, titolare di una ferramenta a Misilmeri e incensurato, era però ritenuto appartenente all’ala mafiosa contrapposta a quella degli indagati, storicamente vicina ai corleonesi. Una contrapposizione che affonda le radici nella sanguinosa guerra interna iniziata negli anni Ottanta e protrattasi fino ai primi Duemila, quando la famiglia di Villabate risultò spaccata in due fazioni in lotta per il controllo del territorio.
A dare nuova linfa all’inchiesta sono state le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, che hanno permesso ai carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo di riportare alla luce dinamiche e responsabilità rimaste nell’ombra per anni. Le testimonianze, giudicate convergenti e attendibili, hanno condotto gli investigatori a un ulteriore lavoro di approfondimento, basato su attività tecniche e intercettazioni.
Dalle conversazioni captate è emerso come, nonostante il tempo trascorso, i rapporti fra gli indagati siano rimasti costanti e solidi, contribuendo a delineare un quadro ritenuto sufficiente dagli inquirenti per attribuire ai tre uomini un ruolo diretto nella pianificazione e nell’esecuzione del delitto. Gli elementi raccolti hanno portato così all’emissione della misura cautelare che riapre, anche dal punto di vista giudiziario, una delle tante ferite aperte nel contesto della guerra di mafia che segnò profondamente il territorio palermitano nei decenni passati.




