Infiltrazioni mafiose nell’economia palermitana, arresti e sequestri per 5 milioni

Redazione

Palermo - L'operazione delle fiamme gialle

Infiltrazioni mafiose nell’economia palermitana, arresti e sequestri per 5 milioni
Tutti devono rispondere, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia

12 Luglio 2022 - 13:47

Infiltrazioni mafiose nell’economia palermitana sono emerse nel corso di indagini della guardia di finanza che hanno portato all’emissione di 7 misure cautelari e al sequestro di società e beni per 5 milioni di euro. I finanzieri del Comando provinciale di Palermo, nell’ambito dell’operazione denominata “Sottoveste”, hanno dato esecuzione a misure cautelari nei confronti di 7 indagati: due sono finiti in carcere, due agli arresti domiciliari e tre hanno ricevuto la misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali per un anno. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale su richiesta della Procura – Direzione Distrettuale Antimafia. Tutti devono rispondere, a vario titolo, dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia con l’aggravante di avere agito al fine di agevolare Cosa nostra. Tra gli arrestati spicca il nome di Cesare Ciulla, titolare della catena di negozi Hessian.

Con il medesimo provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di 5 società operanti nel settore della vendita al dettaglio di capi d’abbigliamento, intimo ed accessori e dei relativi 13 punti vendita con sede a Palermo, Cefalù e Favignana, oltre a un’auto nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo – Gico, hanno riguardato le attività di due imprenditori palermitani che, gestendo attraverso prestanome un articolato reticolo societario, avrebbero posto in essere un complesso di condotte finalizzate ad agevolare e rafforzare gli interessi economico-criminali del mandamento mafioso di Pagliarelli.

Gli elementi acquisiti durante le indagini consentono di ipotizzare, in particolare, che uno degli indagati, imprenditore di successo, abbia fornito sostegno a colui che risulterebbe essere il “reggente” del mandamento,Pino Calvaruso, già condannato per associazione mafiosa: sollecitando la costituzione, appena uscito dal carcere, di un’impresa edile cui sarebbero stati affidati importanti lavori di ristrutturazione di numerosi punti vendita; procurando contatti con soggetti di rilievo del mondo imprenditoriale; assumendo familiari dello stesso; dopo l’arresto, elargendo somme di denaro ed altre forme di supporto economico durante il periodo di detenzione. Tale condotta avrebbe permesso di rafforzare il potere dell’uomo d’onore sul territorio, consentendo di conseguire notevoli guadagni da utilizzare per le finalità proprie dell’organizzazione mafiosa, prima fra tutte l’assistenza alle famiglie dei detenuti, condizione imprescindibile per la sopravvivenza stessa di Cosa Nostra.

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