Il tradizionale saluto del sindaco di Monreale Alberto Arcidiacono con i giornalisti a fine anno si è trasformato in un incontro carico di emozione, più che una semplice conferenza stampa. Un momento di bilancio, certo, ma soprattutto di memoria, responsabilità e condivisione. Il primo cittadino si è rivolto ai giornalisti con parole che hanno attraversato l’anno appena trascorso e sono arrivate dritte al cuore di una comunità ancora ferita. “Arrivare a fine anno significa fermarsi e guardarsi indietro”, ha detto. Un ringraziamento sincero al lavoro dell’informazione, che ha permesso di raggiungere ogni cittadino, di raccontare ciò che è accaduto, nel bene e nel male. Perché, ha sottolineato Arcidiacono, “ogni persona ha il diritto di sapere cosa funziona e cosa no”. Anche le critiche, quando sono costruttive, diventano uno strumento per amministrare meglio, per correggere, per migliorare.
Sindaco e giornalisti, ha ricordato Arcidiacono, sono parte della stessa realtà territoriale. Operatori diversi, ma uniti da un obiettivo comune: non permettere che Monreale faccia passi indietro. Un rapporto che va oltre il lavoro, fondato sul rispetto reciproco, mai venuto meno. Ma il cuore dell’incontro è stato segnato da un dolore che continua a pesare. Un dolore che non si è mai dissolto. Il sindaco lo ha detto senza giri di parole: “Questi dolori non sono andati via”. Il pensiero è andato a Salvatore Turdo, Andrea Miceli e Massimo Pirozzo, tre giovani vite spezzate, una ferita profonda che ha colpito non solo le loro famiglie, ma l’intera città. Ogni occasione pubblica, ha spiegato, diventa un doppio sentimento: da un lato la volontà di andare avanti, dall’altro un faro che riaccende il ricordo e riporta indietro nel tempo, a un dolore che Monreale sta ancora cercando di superare insieme. “Ha toccato il cuore delle tre famiglie, ma anche quello di tutte le famiglie monrealesi”, ha detto, con la voce di chi sente addosso una responsabilità che va oltre il ruolo istituzionale.
Una responsabilità continua: aiutare la città a riprendersi, restituirle una parvenza di normalità, senza mai dimenticare. “Monreale ha subìto violenza – ha chiarito – ma non è una città violenta“. Una distinzione netta, necessaria, per difendere l’identità di una comunità che soffre, ma non si arrende. Accanto al dolore, però, c’è anche la fatica quotidiana dell’amministrare. Il 2025 è stato definito un anno complicato, segnato da tensioni, dinamiche difficili, dalla riorganizzazione della macchina comunale. Una stanchezza che, ha ammesso il sindaco, non è ancora stata smaltita del tutto.
Lo sguardo, però, resta puntato al futuro. I lavori pubblici seguono un cronoprogramma preciso: nel 2026 sono previsti nuovi cantieri, dalla villa alla Ranteria, dalla scuola di via Polizzi a Pioppo – pronta per l’inaugurazione – al palazzetto dello sport, fino al parcheggio di via Torres, con il primo stralcio che prevede un ascensore panoramico e due piani interrati. Progetti importanti, pensati per una città che vuole crescere. Sul fronte della sicurezza, l’amministrazione sta investendo in modo significativo: cinque nuove unità di polizia municipale in arrivo, diciassette agenti assunti in un anno e mezzo, per un totale di 28. L’obiettivo è arrivare alla festa del Santissimo Crocifisso con altre dieci unità operative. E proprio il 2026 sarà un anno simbolico e centrale per Monreale: il quattrocentesimo anniversario del Santissimo Crocifisso, un evento di grande valore religioso, culturale e identitario. Una celebrazione che non durerà pochi giorni, ma da aprile fino alla fine dell’anno, e che rappresenterà un momento di unione e rinascita per tutta la città. Un bilancio definito “modesto” dal sindaco, ma attraversato da un messaggio chiaro: ricordare chi non c’è più, sostenere chi soffre, e continuare a costruire, insieme, il futuro di Monreale. (Foto Giurintano)




