Questa mattina a Palermo – in piazza Principe di Camporeale, si è tenuta la cerimonia di commemorazione del 44esimo anniversario dell’uccisione del maresciallo maggiore dei carabinieri Medaglia d’Oro al Valor Civile alla Memoria Vito Ievolella. All’evento hanno partecipato il Generale di Brigata Ubaldo Del Monaco, Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia”, il Prefetto di Palermo Massimo Mariani, il sindaco Roberto Lagalla, il Generale di Brigata Luciano Magrini, Comandante provinciale di Palermo, le massime Autorità civili e militari, la professoressa Lucia Assunta Ievolella figlia del caduto, le rappresentanze dell’Associazione Nazionale Carabinieri e delle Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari.
Nel luogo dell’agguato dove sorge il monumento commemorativo, sono state deposte 4 corone di alloro, la prima da parte da parte dell’Arma dei Carabinieri, la seconda da parte della Regione Siciliana, la terza da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana e infine l’ultima da parte del Comune di Palermo. A seguire il Cappellano Militare Don. Salvatore Falzone ha officiato un momento di preghiera.
Prima del termine della cerimonia, il Generale Del Monaco, nel suo intervento ha voluto ricordare il Maresciallo, quale “investigatore di assoluto spessore, un servitore dello Stato che nel corso degli anni ha dato prova di grande determinazione, pervicacia e rara intraprendenza, in grado di risolvere qualsiasi delitto”, ottenendo numerosi riconoscimenti sia dalle Istituzioni sia dalla stampa localeche lo aveva ribattezzato “segugio temuto dai boss” e “specialista in casi difficili”. Nel salutare ha sottolineato che la figura del Maresciallo Ievolella rappresenta, “uno stimolo che deve incoraggiare e motivare il nostro agire quotidiano”.
“A 44 anni dal vile agguato mafioso – ha detto il primo cittadino palermitano -, Palermo si stringe nel ricordo del maresciallo Vito Ievolella, uomo che ha servito lo Stato con coraggio, dedizione e un profondo senso del dovere. Vito Ievolella è stato un esempio di integrità morale, di lucidità investigativa e di silenziosa fermezza. Ha lavorato nell’ombra, spesso in solitudine, consapevole dei rischi ma senza mai arretrare di un passo. Oggi, Palermo non dimentica. E non commemora solo il sacrificio, ma soprattutto l’esempio. In un tempo in cui la memoria rischia di scolorirsi, tenere vivo il ricordo di Vito Ievolella significa continuare a scegliere ogni giorno la legalità, la giustizia, e la responsabilità individuale”. “Alle nuove generazioni – ha aggiunto Lagalla – dobbiamo consegnare non soltanto il nome di un uomo caduto per mano mafiosa, ma il suo volto pieno di dignità e la sua storia fatta di servizio silenzioso e onesto. Perché la lotta alla mafia non si eredita per retorica, ma per convinzione. Alla famiglia Ievolella, ancora una volta, va l’abbraccio sincero di tutta la comunità palermitana. E al maresciallo Vito Ievolella, il nostro grazie, senza tempo”.
Successivamente, all’interno del Comando Legione Carabinieri Sicilia presso la chiesa Santa Maria Maddalena, il Cappellano Militare Don Salvatore Falzone, ha celebrato una messa in suffragio del caduto.
Il Maresciallo Vito Ievolella nacque a Benevento il 4 dicembre 1929. Si arruolò nell’Arma come carabiniere nel 1948. Nel biennio 1958-1959 frequentò il Corso Allievi Sottufficiali della Scuola di Firenze, al cui termine venne assegnato alla Legione di Palermo, prestando servizio nel capoluogo presso le Stazioni urbane “Centro”, “Duomo” e “Falde”, la cui caserma è oggi intitolata alla sua memoria. Nel 1965, venne trasferito al Nucleo Operativo del Gruppo di Palermo dove svolse complesse indagini, rese ancora più ardue dalle condizioni ambientali caratterizzate da tradizionale omertà.
Il 10 settembre 1981, il Maresciallo Ievolella, a bordo della sua Fiat 128 con la moglie Iolanda, nell’attesa della figlia Lucia, impegnata in una lezione di scuola guida, venne freddato da sicari di Cosa Nostra in piazza Principe di Camporeale. All’agguato parteciparono quattro killer, armati di pistole calibro 7,65 e fucili caricati a pallettoni, che, appena scesi da una Fiat Ritmo rubata, fecero fuoco in direzione del Maresciallo. La moglie riportò una leggera ferita. Il mezzo usato dai killer fu dato alle fiamme e poi abbandonato in via Caruso, dove fu ritrovato dai carabinieri. Fu chiaro immediatamente che l’assassinio del Maresciallo Ievolella era da inquadrare in un programma mafioso teso all’eliminazione di quanti si opponessero all’espansione degli interessi criminali.
Il Maresciallo era molto noto negli ambienti investigativi dell’Arma e tra i magistrati per le sue capacità professionali, per l’impegno investigativo e per la determinazione nel fare luce, tanto sul delitto comune, quanto su quello mafioso. Il valore e l’impegno nell’attività investigativa, gli erano valsi sette encomi solenni e quattordici lettere di apprezzamento del Comandante Generale dell’Arma. Da parte della stampa, aveva ricevuto appellativi come “segugio temuto dai boss” e “specialista in casi difficili”.
Al Maresciallo Ievolella, il Capo dello Stato il 10 settembre 1981, ha concesso la Medaglia d’Oro al Valore Civile con la seguente motivazione: “Addetto a Nucleo Operativo di Gruppo, pur consapevole dei rischi a cui si esponeva, si impegnava con infaticabile slancio ed assoluta dedizione al dovere in prolungate e difficili indagini – rese ancora più ardue dall’ambiente caratterizzato da tradizionale omertà – che portavano all’arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile agguato tesogli da quattro malfattori, immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia e di grande eroismo”.




