Beni per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro sono stati confiscati dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo a tre soggetti ritenuti vicini o appartenenti a clan mafiosi attivi nei territori di Palermo e Bagheria. I provvedimenti sono stati emessi dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, e in parte hanno già ottenuto il crisma della definitività con sentenze della Corte di Cassazione e della Corte d’Appello.
I destinatari delle misure sono: Stefano Bologna, 62 anni, coinvolto nell’operazione “Nemesi” del 2021 per traffico di stupefacenti nello Sperone. Arrestato nell’ottobre 2021, Bologna è stato condannato a 2 anni e 8 mesi per plurime cessioni di hashish e marijuana. Le indagini della “Nemesi” avevano rivelato una rete familiare dedita allo spaccio, che coinvolgeva anche minorenni e usava abitazioni private, perfino camerette, come basi operative. A lui è stata confiscata in primo grado una serie di beni per un valore di circa 500 mila euro, tra cui: un bar a Bagheria con l’intero complesso aziendale; quattro rapporti bancari.
Tommaso Di Giovanni, 58 anni, indicato come vertice del mandamento mafioso di Porta Nuova, già condannato a 15 anni e 6 mesi. Già arrestato nelle operazioni “Atena”, “Perseo” e “Pedro”, Di Giovanni era ritenuto figura apicale di Cosa Nostra a Palermo. La sua condanna definitiva ha preceduto la confisca irrevocabile di beni per circa 700 mila euro, tra cui: una macelleria a Palermo e i relativi beni aziendali; un fabbricato su tre elevazioni di 10 vani; un’abitazione ultrapopolare e la metà di un locale commerciale, tutti nel capoluogo.
Nicolò Testa, 61 anni (deceduto nel 2023), già arrestato nell’ambito dell’operazione “Panta Rei” e considerato una figura centrale nel controllo delle estorsioni a Bagheria e nella latitanza di Bernardo Provenzano. Figura storica della mafia bagherese, fu arrestato nel 2015 con l’accusa di aver retto la “famiglia” di Bagheria. Aveva un legame diretto con Provenzano e con il boss Giuseppe Di Fiore. Condannato a 13 anni e 6 mesi, era tornato in libertà nel 2022. La confisca definitiva ha colpito beni per 800 mila euro, tra cui: un’impresa edile e due ulteriori attività collegate, con un parco mezzi composto da veicoli industriali e da cantiere; due appezzamenti di terreno.
Con il provvedimento di oggi, tutto il patrimonio riconducibile ai tre soggetti – circa 2 milioni di euro complessivi – è entrato a far parte del patrimonio dello Stato. Un colpo importante al sistema economico mafioso, che colpisce non solo le persone, ma la rete di interessi materiali e imprenditoriali costruita nel tempo da Cosa Nostra.




