Mafia, a 41 anni dall’omicidio Palermo ricorda il generale Dalla Chiesa

Redazione

Palermo - L'anniversario

Mafia, a 41 anni dall’omicidio Palermo ricorda il generale Dalla Chiesa
Il generale è stato ricordato questa mattina sul luogo dell'attentato con una cerimonia

03 Settembre 2023 - 10:25

Il 3 settembre 1982 a Palermo la mafia assassinava il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro, ferendo mortalmente l’agente Domenico Russo. Il generale è stato ricordato questa mattina sul luogo dell’attentato in via Isidoro Carini a Palermo. Presenti alla cerimonia i figli Nando e Simona Dalla Chiesa. Oltre al Prefetto Maria Teresa Cucinotta, il questore Leopoldo Laricchia, le autorità civili e militari, la presidente della commissione antimafia Chiara Colosimo e il sottosegretario Francesco Sisto. Alle 10.30 una Santa Messa nella sede della Legione carabinieri Sicilia. Alla cerimonia anche il comune di Monreale, rappresentato dall’assessore Rosanna Giannetto in rappresentanza del sindaco Alberto Arcidiacono.

“Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”, recitava un manifesto apparso per le vie di Palermo pochi giorni dopo la strage di via Carini. Dalla Chiesa da giovane ufficiale dei carabinieri era stato a Corleone e poi a Palermo tra gli anni ’60 e ’70. Cosa Nostra sapeva perfettamente che, da Prefetto di Palermo, il generale avrebbe ingaggiato una lotta serrata al crimine organizzato. Per questo la decisione dei corleonesi di ucciderlo.

MATTARELLLA “ESEMPIO PER CHI SVOLGE FUNZIONI PUBBLICHE”

Il Capo dello Stato ricorda il prefetto Dalla Chiesa, ucciso 41 anni fa a Palermo: “Nel ricordo di quel tragico evento, l’intera comunità nazionale si stringe intorno agli ideali costituzionali di libertà, solidarietà e giustizia testimoniati, sino al sacrificio della vita, dall’impegno nelle istituzioni di Carlo Alberto Dalla Chiesa“. Si legge in una nota del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

“Nominato Prefetto di Palermo, seppe portarvi la preziosa esperienza maturata negli incarichi precedenti, lottando con determinazione, in un contesto particolarmente difficile, per l’affermazione dei valori della legalità. Carlo Alberto Dalla Chiesa intuì le potenzialità dell’azione della Pubblica Amministrazione per contrastare, insieme all’azione della Magistratura e delle Forze di Polizia, le pretese criminali di controllo dei territori” aggiunge il presidente. “Il suo esempio interpella oggi la coscienza civica e la responsabilità personale di coloro che ricoprono pubbliche funzioni, chiamati a costituire un efficace argine all’illegalità, alla corruzione e alle infiltrazioni criminali nel tessuto amministrativo ed economico” dice ancora Mattarella. “Il quarantunesimo anniversario dell’attentato richiama l’intero Paese a uno sforzo corale nell’impegno di lotta alla mafia. Tutta la società italiana deve sentirsi coinvolta: le istituzioni, le agenzie educative, il mondo delle associazioni. Dal contributo di tutti, dall’efficacia delle azioni di contrasto e di prevenzione, dai germi di consapevolezza che la società, le famiglie, la scuola, il terzo settore sapranno far sbocciare nelle giovani generazioni, dipendono la stabile affermazione della cultura della legalità e lo sviluppo di durature prospettive di progresso economico e sociale. Con questo spirito, rinnovo alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo i sentimenti di partecipazione e vicinanza della Repubblica” conclude.

IL PREMIER GIORGIA MELONI: LOTTA ALLA CRIMINALITÀ SENZA SOSTA”

“A 41 anni dal brutale attentato mafioso che ha causato la morte del Generale dell’Arma dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo, continua senza sosta l’impegno per sradicare ogni forma di criminalità organizzata”. Lo scrive la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sui social network.

MARCO INTRAVAIA: “L’ESEMPIO DEL GENERALE ANCORA OGGI UN FARO”

“Il 3 settembre di 41 anni fa, l’assassinio del generale segnò una delle giornate più buie non soltanto per la storia della Sicilia, ma di tutto il Paese. Il generale era arrivato a Palermo da soli 100 giorni, dopo avere messo in ginocchio le Brigate Rosse. Era consapevole dei rischi che correva e non è indietreggiato di un passo, muovendosi con lo stesso rigore con cui aveva combattuto il terrorismo e, in anni precedenti, la mafia a Corleone e Palermo. Cosa nostra non gli ha dato scampo, ma lo sconcerto della società civile fu tanto e cominciò quel cammino di consapevolezza che oggi ha portato la maggior parte dei siciliani a considerare la mafia una piaga di cui liberarsi. In questi 41 anni tanti sono stati i successi messi a segno dallo Stato, grazie anche alle metodologie introdotte da Dalla Chiesa, ultimo in ordine di tempo l’arresto di Matteo Messina Denaro, ma la guerra non è ancora vinta e Cosa Nostra prova sempre a riorganizzarsi. La dedizione e il coraggio del generale Dalla Chiesa restano un faro per tutti coloro che combattono la criminalità organizzata e anche per tutti i cittadini. La frase che tanto amava: ‘I veri Carabinieri portano gli alamari cuciti sulla pelle’ è un monito di civiltà, trasparenza e legalità per tutti, soprattutto per i più giovani che hanno particolarmente bisogno di esempi luminosi come quello del generale Dalla Chiesa”. Il deputato regionale di FdI Marco Intravaia, componente della Commissione Regionale Antimafia, ha così ricordato l’anniversario dell’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo.

LAGALLA “SUO IMPEGNO NON FU ACCOMPAGNATO ADEGUATAMENTE”

“La figura del Generale Dalla Chiesa resta uno degli esempi più incisivi di servitore dello Stato. Dopo aver combattuto le Brigate rosse, il senso del dovere e il suo antico legame con la Sicilia lo portano ad accettare, senza la minima esitazione, l’incarico di Prefetto di Palermo per contrastare la mafia in uno dei periodi di maggiore recrudescenza della violenza da parte di Cosa nostra. Restano il rimpianto e il dolore per non aver visto il suo impegno e la sua dedizione accompagnati adeguatamente dallo Stato, ma rimane l’eredità di un metodo investigativo che ancora oggi fa scuola e un illuminato approccio nel cercare un costante rapporto con le giovani generazioni”. Così il sindaco di Palermo Roberto Lagalla.

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