Confiscati beni per 100 milioni all’imprenditore monrealese Calcedonio Di Giovanni

Redazione

Cronaca

Confiscati beni per 100 milioni all’imprenditore monrealese Calcedonio Di Giovanni
A Di Giovanni sono stati imposti anche tre anni di sorveglianza speciale, con obbligo di dimora. Confisca anche per il noto villaggio "Kartibubbo"

05 Ottobre 2016 - 15:09

Sono stati confiscati definitivamente i beni dell’imprenditore monrealese Calcedonio Di Giovanni. Il patrimonio composto da oltre 400 unità abitative ha un valore di oltre 100 milioni di euro. L’imprenditore avrebbe anche evaso il fisco. A Di Giovanni sono stati imposti anche tre anni di sorveglianza speciale, con obbligo di dimora nel luogo di residenza.

La richiesta avanzata da Nunzio Antonio Ferla, direttore della Dia, è stata accolta dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, che ha emesso il provvedimento. Il Tribunale aveva sequestrato il patrimonio dell’imprenditore che ha interessi economici nel trapanese, già nel 2014 (leggi qui). Secondo gli inquirenti, pur non risultando formalmente affiliato, sarebbe stato “contiguo” a Cosa Nostra, in particolare con la famiglia Agate di Mazara del Vallo.

Oltre a società con sedi a San Marino e Londra, nel patrimonio di Di Giovanni rientra anche il noto villaggio turistico “Kartibubbo”, a Campobello di Mazara, che avrebbe ospitato in diverse occasioni mafiosi latitanti. L’imprenditore, attraverso meccanismi fraudolenti, avrebbe avuto accesso finanziamenti pubblici nazionali e comunitari coinvolgendo nei propri progetti anche interessi della mafia di Castelvetrano.

Gli inquirenti hanno accertato l’esistenza di una palese sperequazione fra i redditi dichiarati da Di Giovanni e il suo patrimonio, riconducibile, in gran parte, a proventi illeciti derivanti da lottizzazioni abusive, truffe, omissioni contributive, fatturazioni per operazioni inesistenti e di bancarotta per distrazione. I magistrati hanno ricostruito i legami di Di Giovanni con la mafia di Mazara del Vallo e con esponenti locali della massoneria, fin dagli anni settanta.

Secondo la Dia, l’ascesa dell’imprenditore è da associare al sostegno ricevuto da personaggi come Antonino Passanante, (capo della cosca di Campobello di Mazara negli anni ’70/’80 e sindaco per alcuni anni), Nenè Geraci, Giuseppe Burzotta, Giuseppe Guttadauro e del capomafia Mariano Agate che all’interno del “Kartibubbo Village” aveva la disponibilità continua di tre villette.

I giudici hanno raccolto la testimonianza di Vito Roberto Palazzolo (legato a Totò Riina ed arrestato nel 2012 in Sudafrica dopo aver vissuto per anni in Svizzera) che ha confermato di aver agevolato l’iter di acquisto del “Kartibubbo Village. Il provvedimento ricostruisce la nascita e gli sviluppi della struttura, passando dai finanziamenti erogati dalla Cassa del Mezzogiorno, ad alcuni immobili acquistati da Palazzolo per “circa 200 milioni in contanti, il resto in cambiali e mediante cessione di immobili”, concludendo con il “denaro di ingiustificata provenienza” utilizzato per acquistare la società originaria.

“Di Giovanni – secondo il collaboratore di giustizia, adesso deceduto, Rosario Spatola – è un massone e sostanzialmente il prestanome di Mariano Agate, di Giovanni Bastone, ma soprattutto di Totò Riina”. Accertato inoltre il mancato rispetto delle norme a tutela dell’ambiente, con conseguente inquinamento del sottosuolo, e la mancanza dei criteri minimi di sicurezza che nell’agosto 1995 condussero alla morte per folgorazione di una turista. Gli inquirenti hanno anche accertato numerose lottizzazioni abusive, l’evasione fiscale per circa 60 milioni di euro e le truffe operate, tra cui l’ipervalutazione di una società venduta – in seguito ad una triangolazione con una società di San Marino – ad una holding inglese chiamata Sextant, per cui è in corso una rogatoria internazionale.

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