Frammenti di luminarie da festa di paese sparsi sulla scena, luci multicolori soffuse e roteanti e un’atmosfera blues. Sono gli ingredienti di “Una piccola impresa meridionale” di Rocco Papaleo in scena al Teatro Biondo Stabile di Palermo fino al 21 dicembre. Le storie raccontate si dispiegano senza troppe pretese su un tappeto musicale tutto “made in sud” Francesco Accardo alla chitarra e ai fiati, il fratello Jerry Accardo alle percussioni, Guerino Rondolone al contrabbasso e il cugino Arturo Valianteal pianoforte; musicisti che non si limitano a suonare ma raccontano storie, buffe e romantiche. In questo “concerto per parole…per rime lasciate a metà che cercavano una musica,” ogni brano ha una sua identità, così dopo ogni buio lo spettacolo cambia; Papaleo è attore, musicista e cantante, ma è anche amico, figlio e padre.  È il figlio pensatore , di un uomo che amava Frank Sinatra e le lunghe camminate e di una donna che lo conquistava con pane e frittata; è il padre stupefatto di un bambino che dal finestrino di un aeroplano vede il mondo come “un giocattolo di nessuno,” con cui tutti possono giocare ma nessuno può portarselo a casa ne tantomeno romperlo.  In questa impresa di “entertainment” come dice più volte Papaleo col suo accento lucano, si viaggia attraverso frammenti di vita e non importa che che sia vita vera o del tutto somigliante alla realtà quel che conta è coinvolgere il pubblico in un esperimento di teatro canzone. Lo spettacolo è disordinato come il jazz, affascinante come “una brutta che ti piace,” non ti stupisce ma un po’ ti stordisce con “Maria Teresa bella” che non arriva dalla Basilicata ma direttamente dalla platea e tutto il teatro in piedi che alla fine fa il ballo della foca sanremese, canticchiando “tuff tutuff”.