Palermo, incassavano i soldi delle bollette Amap, arrestati due dipendenti dell'ex municipalizzata

Redazione

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Palermo, incassavano i soldi delle bollette Amap, arrestati due dipendenti dell'ex municipalizzata
Truffa che è costata alle casse della società quasi un milione di euro

18 Gennaio 2016 - 00:00

All’alba di questa mattina, su disposizione del Giudice per le indagini preliminari, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 2 dipendenti dell’Amap, la società che gestisce le acque pubbliche del capoluogo siciliano. I due sono finiti in manette a seguito delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo, che hanno consentito di accertare come gli stessi avessero intascato i soldi del pagamento delle bollette, manomettendo il sistema informatico di controllo della società allo scopo di non far emergere i mancati introiti, ad oggi quantificati in circa 800 mila euro. Valore, questo, suscettibile di possibili variazioni in aumento, in relazione alle attività di approfondimento tutt’ora in corso. L’operazione – denominata “Acqua in bocca” – ha preso le mosse dall’esposto inviato alla Procura della Repubblica proprio dai vertici dell’Amap, a seguito di un controllo interno che aveva fatto emergere alcune irregolarità. Le Fiamme Gialle, nel corso delle indagini, hanno eseguito un meticoloso e accurato controllo degli ultimi cinque anni di attività contabile dell’azienda (2009-2013), portando immediatamente alla luce gravi incongruenze tra gli importi delle bollette emesse per il consumo di acqua ed il denaro effettivamente incassato. Infatti, a fronte di circa un migliaio di fatture, regolarmente emesse nel periodo in esame, per un ammontare complessivo di quasi un milione di euro, l’Amap non aveva incassato neanche un centesimo. In breve tempo il cerchio si è stretto intorno alla figura di Carmelo Di Bella il quale, unitamente al suo diretto superiore, Carlo Fasetti, aveva allestito un semplice quanto efficace sistema di truffa che si sostanziava nell’accettazione di pagamenti in contanti da parte di alcuni utenti e nella contestuale emissione di quietanze di pagamento rivelatesi del tutto fasulle. Una volta incassato il denaro, i due funzionari infedeli procedevano ad alterare i dati nel sistema informatico al fine di occultare ogni traccia della truffa e far risultare come incassato il denaro che, in realtà, finiva regolarmente nelle loro tasche. Tale modus operandi ha, di fatto, consentito di evitare la partenza di raccomandate di mancato pagamento verso i soggetti che avevano consegnato loro il denaro e, per altro verso, di far visualizzare agli utenti che avessero voluto procedere al controllo on line della propria posizione, la conferma dell’estinzione del proprio debito. Numerosi cittadini e amministratori di condominio hanno utilizzato tale sistema di pagamento poiché permetteva loro di eludere le interminabili code agli sportelli preposti, non sospettando, invece, che le somme di denaro incassate finissero per arricchire i due funzionari. Nel corso delle investigazioni, svolte anche tramite intercettazioni telefoniche, è peraltro emerso come Di Bella si fosse dato particolarmente da fare, tentando di recuperare i bollettini recanti il timbro dell’Amap per sostituirli con altri riportanti un timbro postale rivelatosi, in seguito, falso ed arrivando a contattare vari utenti, che a lui si erano rivolti, al fine di chiedere loro di non fare il suo nome qualora sentiti in atti dalle Fiamme Gialle. Tutto ciò, prima che la perquisizione domiciliare consentisse la raccolta di ulteriori prove a suo carico. Alcuni dirigenti che avevano iniziato a rilevare anomalie nel sistema di pagamento sono stati vittime di alcuni incresciosi episodi intimidatori dallo stile tipicamente mafioso. Gli stessi, in particolare, hanno ricevuto una testa di animale scuoiato, mazzi di fiori con biglietto di condoglianze o addirittura la visita di dipendenti di agenzie di pompe funebri, i quali, contattati da sedicenti parenti, si presentavano sotto casa dei funzionari perché convinti di dover organizzare un servizio funebre. A carico dei due arrestati, sono stati – inoltre – sottoposti a sequestro preventivo per equivalente di  2 immobili sino a concorrenza dell’importo complessivo di quasi 142 mila euro. Entrambi gli indagati, dopo le perquisizioni avvenute nei primi mesi del 2014, avevano mantenuto il proprio posto di lavoro all’interno dell’Amap, pur in altri incarichi. “Il Comune di Palermo si costituirà parte civile nel processo a carico dei due dipendenti infedeli dell’Amap”. Lo annuncia il sindaco Leoluca Orlando commentando la notizia dell’arresto di due dirigenti dell’azienda municipalizzata per essersi appropriati indebitamente di ingenti somme pagate da cittadini palermitani. “Gli arresti dei due dipendenti dell’Amap effettuati dalla Guardia di Finanza – osserva Orlando – confermano i sospetti che spinsero i vertici dell’azienda municipalizzata a presentare l’anno scorso un esposto alla Procura della Repubblica. I fatti emersi dalle indagini sono gravissimi. Si tratta di comportamenti criminali che hanno arrecato un enorme danno non solo all’Azienda, ma a tutta la cittadinanza. Il Comune di Palermo e l’Amap continueranno a tenere alta la guardia per il buon funzionamento dell’Azienda e per impedire che si possano ripetere fatti di questo genere”. “Assieme al Comune di Palermo, l’Amap si costituirà parte civile nel processo a carico dei due dipendenti infedeli”. Oltre al sindaco Leoluca Orlando lo ha annunciato Maria Prestigiacomo, presidente Amap, in seguito all’arresto dei due impiegati dell’azienda che si sarebbero appropriati di ingenti somme riscosse indebitamente. Rispetto alla vicenda, l’Amap fa sapere che già agli inizi del mese di settembre aveva avviato il procedimento disciplinare che in data 30 settembre ha portato al licenziamento di Di Bella, quello che sembrava essere l’unico indagato in questione, per via degli inequivocabili sospetti su lui ricadenti e per essere venuto meno il rapporto di fiducia tra dipendente ed Amap, da cui, va fortemente ribadito, è partita la denuncia alla Procura. 

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