Monreale, veglia di preghiera per Padre Minutella

Raimondo Burgio

Cronaca

Monreale, veglia di preghiera per Padre Minutella
Circa un centinaio di persone hanno recitato il Rosario davanti l'Arcivescovado, rimasto chiuso

18 Gennaio 2016 - 00:00

Ieri sera il portone dell’Arcivescovado era serrato, una strana atmosfera aleggiava intorno lo storico basolato gremito da una comunità che questa volta invece delle intemperanze ha dato spazio a una diversa forma di comunicazione. Dinanzi un cancello sbarrato e un portone assolutamente chiuso, un gruppo di persone ha voluto dimostrare di cosa si nutre recitando in forma pacifica il Rosario, forse come unica arma di dissenso. Ma la cosa assolutamente dissonante era la particolare presenza del nuovo capitano di stazione dei Carabinieri, Guido Volpe, a controllare che tale apparente quiete non si trasformasse in ben altro alla luce delle esuberanze di pochi giorni fa. Abbiamo voluto indagare del perché. Già alle 20 di un afoso mercoledì settembrino tante persone volevano pregare in questo modo, e ci siamo chiesti cosa abbia spinto quasi cento persone a una forma di protesta gandhiana, che però è passata inosservata ai cittadini monrealesi ma soprattutto ai cattolici di questa corposa arcidiocesi. Al termine della preghiera ci hanno rilasciato una intervista per esprimere il loro punto di vista e ci hanno raccontato le loro sensazioni al di fuori di comunicati stampa ufficiali o dei clamori e del sensazionalismo giornalistico che hanno fatto solo impinguare le colonne di alcune testate. Abbiamo voluto sentire la “pancia” di questa comunità e hanno chiesto con serenità uno spazio di riflessione e un confronto con gli alti prelati. Stiamo parlando della comunità riunita intorno a padre Alessandro Maria Minutella che da circa sette anni vive una condizione strana. Si definiscono una comunità di fedeli che prega e segue un sacerdote operante il suo ministero presso la chiesa di San Giovanni Bosco in via Messina Marina a Palermo, e oggi hanno protestato per dissentire contro la decisione dell’Arcivescovo Michele Pennisi di sospendere il parroco dall’agire all’interno del territorio della Diocesi di Monreale con azioni che generano anomale forme di credo.  La parola chiave ricorrente è subito rincorsa nelle bocche di molti di loro ed era: disobbedienza. Quasi a gran voce chiedono che il “clero che conta” vada a visitare i luoghi di riunione per constatare con i loro occhi che essi recitano il rosario e pregano insieme non disobbedendo a nessun comandamento. Affermano, i loro portavoce, che da molti anni hanno inoltrato richieste sia verbali che per iscritto cui non è mai stato dato seguito né con risposte né con un invito per un confronto sereno con padre Minutella. Hanno minimizzato le reazioni scomposte viste nei giorni scorsi all’interno della Curia arcivescovile definendole riduttivamente un moto dovuto contro chi  “ha negato qualcosa”. La comunità di don Minutella non pensa di “andare fuori dalla Fede”, non si sente eretica o in preda al fanatismo e soprattutto chiede un vero spazio di riflessione senza il disprezzo di chi avrebbe lasciare il tavolo del confronto per altri impegni. Tutto nasce da una serie di fenomeni e comportamenti o segni che portano una comunità verso una espressione particolare di fede e di certo la comunità non si è sentita garantita. Allora cosa comporta questa disobbedienza? Quali episodi hanno generato queste incomprensioni? Alla base ci sarebbero una serie di indirizzi di tipo verbale che, nel tempo, hanno lasciato liberi sia la comunità che il sacerdote di agire, così per un periodo di ben sette anni sino a quando sono arrivate delle diffide ufficiali (a sentire loro) immotivate, volte a stigmatizzare e inibire il perdurare di tali comportamenti di disobbedienza.  A sentire loro la locuzione interiore con la Vergine di padre Minutella sarebbe un dono che Dio fa al sacerdote e un “padre” avrebbe dovuto chiedere direttamente a questo figlio di spiegare cosa stia accadendo” invece che additarlo come un pazzo che attira proseliti a sé. Si rimane un po’ sconcertati, perché si leggono fenomeni strani da cui certamente la Chiesa ufficiale vuol tenersi lontana e in questo colloquio veloce, serrato, incalzato dalle forze dell’ordine che volevano disperdere queste persone dallo stazionare intorno la cattedrale, emerge qualcosa che ha molto di interiore, con aspetti di un vissuto di fede certamente particolari.  C’è molto “non detto”, che ci rimane oscuro perché personalmente non ho raccolto informazioni durante gli avvenimenti in seno alla comunità, registro però una esagerata fiducia in queste persone verso quanto accade alla loro guida spirituale che “ispirata dalle parole della Madonna” avrebbe anche indicato una nuova sorgente di acqua a Carini in un luogo privo di falde acquifere.  È ovvio che per tali ragioni si sentano perseguitati, perché vogliono “poter credere” seguendo don Alessandro. Ci lasciamo sotto l’Arco degli Angeli in modo strano, io da una parte cercando di ricomporre il loro dissenso conto gli alti prelati e il “potere occulto della Chiesa” invocando la carità, e la forza evangelica dell’Amore e loro dicendo che si aspettano maggiore coerenza e Carità da chi indossa i paramenti sacri.  Sarà stata una notte di riflessione?  Ma per fortuna stamattina il portone dell’Arcivescovado è di nuovo aperto.

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