I militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Palermo unitamente al personale dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro, nonché a quello delle Direzioni provinciali dell’Inps e dell’Inail, hanno individuato nel capoluogo siciliano un call center, che vende depuratori d’acqua, in cui venivano impiegati 37 lavoratori, tra 19 e 50 anni, completamente “in nero”, per i quali l’effettivo rapporto di lavoro subordinato era stato mascherato con un fittizio contratto cosiddetto “a progetto”, basato sulla vendita di un quantitativo minimo di prodotti che ciascun operatore telefonico avrebbe dovuto garantire all’azienda ogni bimestre. Dei 37 lavoratori, 22 sono stati individuati direttamente presso il call center, intenti a prestare le loro mansioni al momento dell’intervento della Fiamme Gialle presso i locali, mentre lo sviluppo dei successivi accertamenti ha consentito di risalire ad ulteriori 15 operatori telefonici che, pur non essendo più in forza all’azienda, avevano comunque prestato la propria opera lavorativa totalmente in nero nel corso dell’anno 2012. Le attività ispettive hanno anche permesso di individuare il sistema che l’imprenditore titolare del call center – che aveva iniziato l’attività il 3 maggio 2012 – utilizzava per pagare in nero i dipendenti; a ciascuno di questi. All’atto “dell’assunzione”, veniva fornita o veniva richiesto di procurarsi una carta prepagata – del tipo poste pay – sulla quale poi, mensilmente, venivano fatti confluire gli stipendi “in nero”. Mediamente, i compensi si aggiravano intorno a 350 euro mensili; gli accertamenti hanno permesso di ricostruire l’erogazione di somme verso i lavoratori per un ammontare superiore agli 80 mila euro in soli sei mesi. A fronte di questo, i lavoratori non hanno mai ricevuto una lettera di assunzione, né sottoscritto un regolare contratto di lavoro o firmato quietanze di pagamento, percependo una retribuzione oscillante tra i 2 e i 3 euro per ogni ora trascorsa davanti ad un computer, con cuffie collegate ad una postazione telefonica. Tale sistema fraudolento ha consentito all’imprenditore sia di aggirare i contratti nazionali di settore risparmiando, in soli termini di contrattualizzazione nazionale minima, oltre 40 mila euro, sia di ottenere illeciti risparmi in termini di contribuzione assistenziale e previdenziale; infatti per le 2.400 giornate lavorative ricostruite dai finanzieri per tutti i lavoratori individuati nell’arco di un semestre, il titolare del call center avrebbe dovuto versare contributi pari a 20 mila euro. Adesso le Fiamme Gialle stanno esaminando nei dettagli la contabilità dell’azienda, sia per la contestazione delle pesanti sanzioni amministrative previste dalle disposizioni vigenti, che nel caso specifico vanno da un minimo di 72.725 euro ad un massimo di 644.330 euro, sia per la ricostruzione dei ricavi sottratti al fisco, dai quali sono state tratte le provviste per pagare in nero di dipendenti. Già alla fine dello scorso anno, la Guardia di Finanza di Palermo aveva scoperto in città un altro call center che impiegava 20 lavoratori in nero.