La rapina violenta in una gioielleria di Torino, arrestato un altro palermitano

Redazione

Palermo

La rapina violenta in una gioielleria di Torino, arrestato un altro palermitano
In precedenza, la Polizia aveva individuato e messo in maette un minorenne complice di Emanuele Rubino, arrestato ieri

18 Gennaio 2016 - 00:00

Agenti della Polizia di Stato appartenenti alle sezioni “Antirapina” di Palermo e Torino hanno tratto in arresto Emanuele Rubino, 26enne palermitano, poiché ritenuto responsabile dei reati di rapina aggravata in concorso e ricettazione. I poliziotti, in tal modo, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso dal Tribunale di Torino. I fatti contestati al Rubino risalgono allo scorso 12 febbraio. In quella data, aveva destato clamore, nel torinese, il grave episodio accaduto nella centralissima via XX settembre, poco prima delle ore 12, quando due individui avevano consumato una violenta rapina all’interno della gioielleria “Trumaz”. A seguito delle indagini sviluppate nell’immediatezza del fatto, i poliziotti avevano già tratto in arresto G.D.R., 17enne palermitano, individuato quale uno dei due responsabili del grave episodio. Il minorenne era stato arrestato nel capoluogo siciliano, in esecuzione di provvedimento di Custodia Cautelare in Carcere, emessa dal Tribunale per i minorenni di Torino, su richiesta della locale Procura dei minori. Intorno alle 12 del 12 febbraio 2014, un giovane, poi identificato in G.D.R. aveva fatto ingresso nei locali della gioielleria dicendo di voler acquistare un orologio per fare un regalo alla fidanzata in vista dell’imminente festa di San Valentino. Proprietario e finto cliente, durante le fasi della trattativa, erano stati raggiunti da un postino, in realtà un secondo rapinatore senza scrupoli, che indossava giacca e casco delle Poste Italiane, rubati qualche giorno prima a Moncalieri. L’ingresso del finto postino, poi identificato per Rubino, aveva segnato il precipitare degli eventi. Rubino, dopo aver mostrato al gioielliere della corrispondenza, aveva estratto una pistola, manifestando le sue reali intenzioni e suscitando l’inattesa reazione della vittima. Ne era nata una colluttazione a conclusione della quale il finto postino (Rubino) avrebbe avuto la peggio se non fosse stato “efficacemente” coadiuvato dal suo complice, intervenuto con uno spray urticante spruzzato sul viso della vittima. Il gioielliere, reso ormai inoffensivo, era stato, quindi, più volte colpito al volto con il calcio della pistola, subendo fratture ed ecchimosi giudicate guaribili in più di 20 giorni. La vittima, una volta ferita, era stata costretta ad aprire la cassaforte dalla quale i malviventi avevano prelevato gioielli per un valore di oltre 300 mila euro. I due erano poi velocemente fuggiti a bordo di altrettanti ciclomotori, uno dei quali sottratto allo stesso gioielliere, mentre fuori dal negozio alcuni clienti riuscivano a dare l’allarme al “113”. L’individuazione del minore, era giunta al culmine di una intensa collaborazione sviluppata dai poliziotti delle due omologhe articolazioni investigative che, dal giorno della rapina, avevano lavorato gomito a gomito e senza sosta. A mettere in contatto le due Squadre Mobili ed a fornire l’input all’intera indagine, una preziosa segnalazione giunta agli investigatori direttamente dalla vittima che, in ragione della sua “familiarità” con il dialetto palermitano, aveva notato come il linguaggio dei suoi aggressori denotasse una inflessione dialettale, appunto palermitana. I poliziotti della Mobile torinese, sulla base della segnalazione giunta dalla vittima, avevano informato i colleghi palermitani, spedendo loro importanti immagini della rapina registrate dalle telecamere dell’esercizio e che avevano ripreso il finto cliente a volto scoperto. G.D.R. era stato così riconosciuto dai poliziotti palermitani e tratto in arresto. Più laboriosa l’attività investigativa che ha condotto alla identificazione di Rubino, quale secondo e, per altro più violento rapinatore. Le analisi tecniche sui tabulati del cellulare in uso al minore hanno lasciato intendere come il ragazzo, accompagnato proprio dal Rubino, abbia raggiunto il capoluogo piemontese da quello siciliano ed abbia compiuto il tragitto opposto, rispettivamente, poco prima e poco dopo la rapina. È stato ritenuto plausibile che i due, durante la sosta in Piemonte, abbiano utilizzato un solo apparecchio cellulare attraverso il quale avrebbero mantenuto i contatti con i rispettivi familiari, così come accertato dallo “storico” dei tabulati telefonici del cellulare di G.D.R., trovato nel suo domicilio. Tesi ulteriormente dimostrata dalla circostanza che, solo dopo il rientro a Palermo dei due, sarebbe ripreso il traffico in uscita dal cellulare di G.D.R. verso quello di Rubino. Antefatto essenziale alla rapina in gioielleria era stata la rapina compiuta in danno di un postino di Moncalieri, privato di scooter e divisa di poste italiane, gli stessi utilizzati da Rubino per compiere l’assalto in gioielleria ed accreditarsi quale postino. Ebbene, casco e ciclomotore sono stati abbandonati poco dopo la rapina ed il dna estratto da qualche ciocca di capelli ritrovata su quel casco, con pressoché assoluta certezza, corrisponde a quello di Rubino. L’elemento ha chiuso il cerchio delle indagini ed ha portato all’emissione del provvedimento, oggi eseguito dai poliziotti palermitani.

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