Il porto nelle mani della mafia, sequestro della Dia

Redazione

Palermo

Il porto nelle mani della mafia, sequestro della Dia
Operazioni cominciate stamattina e che hanno interessato sia il porto di Palermo che quello di Termini Imerese. Indagini iniziate dieci anni fa

18 Gennaio 2016 - 00:00

Il tribunale Misure di prevenzione ha disposto il sequestro delle cinque società che gestiscono in regime di monopolio le merci e tanti altri servizi all'interno dei porti di Palermo e Termini Imerese. "Sono ancora sotto l'influenza di Cosa nostra", questo dicono le indagini del centro operativo Dia del capoluogo siciliano. Il provvedimento riguarda la "New port spa" e le altre due sigle che ne hanno preso il posto, la "Portitalia srl" e la "Tcp-Terminal containers Palermo srl". Poi anche la "Compagnia servizi portuali srl" e la "Tutrone società cooperativa srl". Il tribunale presieduto da Silvana Saguto ribadisce: "Ci sono sufficienti indizi per ritenere che le anzidette società siano nella disponibilità effettiva degli appartenenti all'associazione criminosa denominata Cosa nostra e che le quote siano intestate solo fittiziamente ai titolari, che svolgono la mera funzione di operai". L’operazione di stamattina è la conclusione delle indagini nate dieci anni fa, quando l’allora prefetto di Palermo voleva sapere cosa ci facessero due mafiosi tra le fila della “New Port”. Due anni dopo, ci provò un componente del consiglio di amministrazione a sollevare il caso. I mafiosi, però, sono sempre rimasti al porto. Non erano solo due: le indagini della Dia, coordinate dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi, hanno fatto emergere ben 24 presenze sospette fra i 218 soci lavoratori della "New port". Quattro sono risultati affiliati o contigui alle famiglie mafiose: Antonino Spadaro (classe 1956), Antonino Spadaro (classe 1948), Maurizio Gioè e Girolamo Buccafusca. Non è stata un'indagine semplice. Durante gli accertamenti è arrivata anche una pesante lettera anonima, che minacciava di morte il capo-centro della Dia di Palermo, il colonnello Giuseppe D'Agata, il senatore Giuseppe Lumia e l'inviato del settimanale "l'espresso" Lirio Abbate. Tutti e tre si sono occupati delle infiltrazioni di Cosa nostra nella "New port". Così, dopo anni di omertà al porto, sono emerse le prime verità. Nel giugno 2011, i boss avevano tentato una spregiudicata operazione di restyling, svuotando la "New port" a beneficio di "Portitalia" e "Tcp". Furono costituite lo stesso giorno, e soprattutto dagli stessi soci fondatori. L'operazione non è sfuggita al tribunale Misure di prevenzione, che prima ha fatto scattare la sospensione degli amministratori e dopo un anno, il sequestro delle società.

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