Giacinto porta il teatro dei pupi a Brancaccio

Giorgio Vaiana

Palermo

Giacinto porta il teatro dei pupi a Brancaccio

18 Gennaio 2016 - 00:00

Una tradizione che si era interrotta. Bruscamente. Dopo il terremoto che del 1968. Giacinto Fiore decise di non seguire più le orme del padre, Francesco. Storico “puparo” che aveva fatto dei pupi il suo mestiere. “A quei tempi mi piaceva uscire con gli amici, andare a ballare – racconta Giacinto -. Dei pupi non volevo saperne più nulla”. Così l’arte “magica” del teatrino dei pupi sembrava davvero destinata a rimanere solo nelle mani di tre famiglie: Cuticchio, Argento e Mancuso. Eppure quell’amore rimase celato nell’anima di Giacinto. Un amore che esplose, come sempre, quando meno se l’aspettava. L’evento tragico della morte della moglie lo spinse a trovarsi una nuova occupazione. Bidello in pensione, Giacinto si rimise all’opera, è il caso di dire. Ed in gioco. Realizzando il nuovo teatro dei pupi “Opra dei pupi di Palermo – Lo spagnolo”, dall’aggettivo che usavano per chiamare il padre, per i modi con cui si vestiva. Un teatrino piccolo, appena 50 posti, ma a due passi dal castello di Maredolce, vero tesoro quasi del tutto sconosciuto nel cuore di Brancaccio.  “Qui, e ne sono sicuro – dice Giacinto – si può fare davvero tanto. Questo quartiere può rinascere dai tesori che custodisce, come il castello e può diventare luogo per eccellenza degli spettacoli dei pupi. Il mio sogno è quello di realizzarli all’interno del Castello”. Uno scenario suggestivo, senza dubbio. Per ora Giacinto, “si accontenta” del suo teatrino. Realizzato giorno dopo giorno con cura e pazienza. Dal palco alle scenografie (Giacinto è un abile pittore). Senza dimenticare i pupi. Paladini e cristiani. Ce ne sono quasi un centinaio. Vederlo maneggiare uno di questi, è davvero uno spettacolo. Sembra quasi danzi sulle scene illuminate dalle luci colorate. Eppure un pupo pesa oltre 10 chili. Improvvisa l’incontro tra Orlando e Rinaldo. Aiutato dal figlio Davide, che lo supporta e che vuole mantenere viva la tradizione del padre. Recita i dialoghi come stesse leggendo. Giacinto conosce oltre duecento di queste storie. Ora il suo teatro apre al pubblico. Lo farà con un evento riservato alle scuole. “Poi – dice – lavorerò su ordinazione, in attesa di ricevere proposte. Non mi interessa guadagnare. Mi interessa che questa tradizione non si perda”. Spegne le luci, sistema il tendone. Cala la scritta “fine”. Ma solo per oggi. (Le splendide immagini a corredo di questo articolo, sono state realizzate da Igor Petyx)

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