Colpo alla mafia ed a Messina Denaro: sequestro da 38 milioni di euro

Redazione

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Colpo alla mafia ed a Messina Denaro: sequestro da 38 milioni di euro

18 Gennaio 2016 - 00:00

Un duro colpo al patrimonio riconducibile a Matteo Messina Denaro ed alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara è stato inferto dai carabinieri del r.o.s. e del comando provinciale di Trapani, che questa mattina hanno dato esecuzione al sequestro, emesso dal tribunale di trapani, su proposta della procura distrettuale antimafia di Palermo, per un valore complessivo di circa 38 milioni di euro. Il provvedimento di sequestro completa un percorso investigativo che, dopo aver portato all’arresto degli esponenti di spicco dell’organizzazione criminale, ha contestualmente individuato  un ingente patrimonio accumulato dal sodalizio, comprendente aziende olearie, attività commerciali, abitazioni, terreni e numerosi rapporti bancari. L’intervento si è concentrato nelle province di Trapani, Varese, Trieste e Milano, colpendo il patrimonio riconducibile agli esponenti mafiosi Filippo Greco, Simone Mangiaracina e Vito Signorello, nonché quello degli imprenditori Antonino Moceri ed Antonino Francesco Tancredi, arrestati il 12 dicembre 2011, per associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni. In tale ambito, le indagini avevano documentato gli assetti e le attività criminali della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente tra le più attive del mandamento di Castelvetrano, della quale erano state accertate la composizione organica e le dinamiche interne, con particolare riferimento alla conflittualità tra gli schieramenti riconducibili rispettivamente a Leonardo Bonafede e Francesco Luppino. In tale contesto era emerso come Luppino, forte  del  sostegno ricevuto da Messina Denaro, avesse cercato di ampliare il proprio potere all’interno dell’organizzazione criminale, con l’obiettivo di contendere al Bonafede la leadership della famiglia campobellese. Le indagini avevano, inoltre, evidenziato come la divisione interna non avesse impedito alla famiglia mafiosa di gestire unitariamente le strategie criminali e lo sfruttamento delle principali attività economiche del territorio. Gli accertamenti patrimoniali hanno, pertanto, evidenziato le modalità di controllo delle attività economiche e produttive del territorio da parte dell’organizzazione, attraverso la gestione occulta di società ed imprese in grado di monopolizzare il remunerativo mercato olivicolo ed il settore dell’edilizia pubblica e privata. oltre ad individuare l’entità del patrimonio occulto dei prestanome della famiglia campobellese. L’attività ha consentito di delineare l’asse economico, alimentato con conferimenti di “sospetta provenienza” nel settore imprenditoriale, mediante l’acquisizione di due strutture industriali ed importanti oleifici a Campobello di Mazara e immobiliare, con la realizzazione di fabbricati ad uso privato e vasti terreni ubicati nel trapanese e nella provincia di Varese. L’indagine patrimoniale accertava infatti la riconducibilità alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara degli oleifici della Moceri Antonino & c. s.r.l. e dell’eurofarida s.r.l., che il capo mafia Leonardo Bonafede, già nel 1993, aveva intestato fittiziamente agli imprenditori Antonino Tancredi e Antonino Moceri, al fine di sottrarli al provvedimento ablativo successivo alla sua condanna per associazione mafiosa. In tale contesto, è stato anche documentato come le casse sociali delle due aziende fossero alimentate costantemente con flussi di denaro di provenienza illecita per rappresentare  un  florido stato patrimoniale strumentale all’ottenimento di finanziamenti pubblici. Le somme così accantonate venivano utilizzate per commissionare importanti lavori alle imprese riconducibili al noto Rosario Cascio, emanazione imprenditoriale del latitante Messina Denaro. Il sequestro ha riguardato inoltre il compendio patrimoniale di Filippo Greco, già titolare di società immobiliari e di costruzioni nella provincia di Varese e principale finanziatore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che sosteneva attraverso costanti dazioni di danaro a favore degli associati detenuti ed alle imprese riconducibili alla consorteria. Greco era inoltre l’imprenditore di fiducia di Francesco Luppino, quando quest’ultimo costituiva il referente di Matteo Messina Denaro nel periodo in cui cosa nostra palermitana stava tentando di ricostruire la commissione provinciale. Le acquisizioni investigative avevano permesso di documentare la presenza di conti svizzeri cifrati riconducibili allo stesso Greco ed emersi nel corso dell’attività d’indagine. Gli accertamenti bancari delegati dalla DDA di Palermo a carico del nucleo familiare di Cataldo La Rosa, arrestato per associazione mafiosa nel medesimo procedimento, hanno rivelato un risarcimento, destinato alle vittime della mafia, 2 milioni di euro erogato dal ministero dell’ interno e risultato indebitamente percepito dagli eredi di Salvatore Stallone, cognato dello stesso La Rosa, ucciso a Campobello di Mazara negli anni ’80. Gli approfondimenti delegati al r.o.s. ed ai carabinieri di Trapani dall’autorità giudiziaria hanno permesso di accertare la vera caratura criminale di Stallone e di inquadrare la sua eliminazione nel contesto di una guerra di mafia. Le acquisizioni investigative emerse sono state poste all’attenzione del ministero degli interni, che ha proceduto alla revoca del beneficio economico concesso disponendo il conseguente recupero delle somme. In definitiva, nell’ambito dell’intervento ricompreso a pieno titolo nella complessiva manovra investigativa condotta dal r.o.s e dal comando provinciale dei carabinieri di Trapani, finalizzata alla ricerca di Messina Denaro, è stato disposto dal tribunale di trapani il sequestro di 2 strutture industriali, 4 società attive nel settore olivicolo, 181 immobili, tra cui ville, appartamenti, magazzini e terreni agricoli, 20 autovetture, nonché 43 rapporti bancari e 5 polizze assicurative.

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