Rosario Lo Cicero

Palermo


Il racconto di un amico di un nostro collaboratore e del suo amore viscerale per la sua automobile

18 Gennaio 2016 - 00:00

Il fatto sembra una barzelletta, ma invece è veramente accaduto negli anni '80. Un mio amico possedeva una bella Mercedes 190. La teneva sempre lustra e brillante. La posteggiava nel suo garage e non la prestava a nessuno, soprattutto ai due figli maggiorenni. Una sera, questi due giovanotti, approfittando del sonno profondo del padre e della complicità della madre, presero le chiavi dell'adorata Mercedes 190, la tirarono fuori dal garage e, tutti felici, iniziarono la loro scorribanda notturna per le vie di Palermo. Ma si sa, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E così furono tamponati. L'auto riportò seri danni. I due finirono in ospedale con diverse tumefazioni al volto ed i genitori vennero svegliati nel cuore della notte dalla telefonata dell’ospedale. Il padre esterrefatto e distrutto per quanto accaduto a sua insaputa, li andò a prendere in ospedale e non li picchiò solo perché non si reggevano in piedi. Tornati a casa, l'amorevole madre, iniziò le cure e le medicazioni indicate dai medici, mentre il mio amico, visto che i due ragazzi erano scampati all'incidente, pensava alla povera ed adorata Mercedes 190. Tant'è che un giorno, mentre la moglie eseguiva le medicazioni, esclamò: “Non li sgonfiare, lasciali morire”. Questo si che è amore… per l'automobile! 

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