Redazione

Cronaca

18 Gennaio 2016 - 00:00

Carissimi confratelli, illustri autorità civili e militari, confrati della Confraternita del Crocifisso fratelli e sorelle amati dal Signore,   sono lieto di essere oggi in mezzo a voi riuniti in questa Collegiata per venerare il Crocifisso,  cuore vivo di questa nobile e bella città di Monreale, che conservate come cimelio prezioso di fede  che si collega con “la  bella eredità” trasmessa dai vostri padri, che è stata rilanciata dall’arcivescovo Girolamo Venero. Oggi celebriamo la festa del SS. Crocifisso. Come si fa a far festa a un condannato a morte su uno strumento di tortura? La Croce per noi cristiani non è più simbolo di morte , di sconfitta, di sofferenza, di maledizione, ma  simbolo di vita, di vittoria, di gioia , di benedizione. Il motivo di fondo è che sul patibolo della Croce c'è Gesù Crocifisso, figlio di Dio, risorto da morte, che regna dalla croce. La Croce che è al centro della nostra festa è quella sulla quale è stato inchiodato Gesù che regna da questo trono. La Croce che è al centro della nostra festa è la Croce, prezzo dell’amore portato fino in fondo. Il Crocifisso è il segno della vittoria di Dio in noi. Al centro della nostra festa, oggi, sta la logica di un amore che si spende fino in fondo. Una comunità che si trova a far festa intorno al Crocifisso è una comunità che vede nella Croce e nella logica di amore che ha portato Gesù a morire sulla Croce, la possibilità di un nuovo inizio che segna il passaggio: dalla disperazione alla speranza, dal lutto alla gioia, dall’egoismo alla condivisione. Fare festa intorno al Crocifisso  vuol dire “esaltare” e mettere con evidenza al centro lo stile di vita di Cristo, che è stile di vita fatto di amore portato fino in fondo. Essere devoti del Crocifisso è essere devoti dell’amore a tutti i costi , un amore che  sorprende per la sua generosa radicalità. Se nel volto del Crocifisso risplende  la bellezza, il perdono  e l'amore coinvolgente di quello che voi invocate come “Patruzzu amurusu”. Osservando il volto del Cristo Crocifisso ripercorriamo i momenti fondamentali  del grande mistero della Passione e l'incommensurabile mistero della Redenzione. Da quando il Figlio di Dio , Gesù Cristo è salito sulla Croce ha  trasformato il dolore in amore. La Croce è l'espressione massima dell'amore di Gesù per noi. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Con queste parole, tratte dal Vangelo di oggi l’evangelista Giovanni ci parla, del sacrificio della croce. La missione terrena di Gesù, che si conclude in modo così drammatico nella crocifissione, è espressa e sintetizzata da Giovanni in una parola delicata e significativa: il Padre “dona” il suo Figlio unigenito per amore. La missione di Gesù invocato come “padre amoroso” è espressa nel linguaggio dell’amore. E difatti, il sacrificio della croce è tutto avvolto dall’amore; e dall’amore trae il suo più profondo significato. Nell’evangelista Giovanni, l’evento della croce è  trasfigurato e approfondito alla luce della fede. Gesù parla della sua morte prossima come di un “innalzamento” (cf. Gv 3,14) o di una “elevazione” (cf. Gv 12,32), dove l’allusione, così velata, al fatto di essere materialmente elevato sulla croce viene quasi a confondersi col mistero successivo della risurrezione e dell’ascensione. In Giovanni il mistero della croce, pur restando fondamentale, viene come assorbito e assunto in quello della glorificazione alla destra del Padre. E anzi è già esso stesso l’inizio di questa glorificazione. Sulla croce  Gesù dona il suo spirito, e dal suo fianco squarciato, come una novella Eva, nasce la Chiesa degli apostoli, dei martiri, delle vergini, die confessori della fede raffigurate in questa Chiesa. Dal costato di Cristo aperto “sgorga un’onda salutare”. La croce di Cristo è la via della salvezza che si compie nella risurrezione. Ma il suo inizio sta nell’accettazione della croce. Tutto ciò che Gesù ha fatto per la nostra salvezza si riassume nell’offerta sacerdotale che egli ha fatto di se stesso sul legno della croce, come vittima di espiazione per i nostri peccati.  In questo gesto di supremo amore per l’uomo e di totale obbedienza alla volontà del Padre la missione di Gesù sulla terra raggiunge il suo vertice. Se la risurrezione è il frutto della salvezza, la croce ne è il mezzo: la via mediante la quale giungiamo alla salvezza. Morte e risurrezione sono l’avvenimento centrale della storia dell’uomo: esse danno alla storia delle miserie umane un corso radicalmente nuovo, e aprono all’uomo la prospettiva della salvezza. Tutto ciò che di veramente grande avviene nella storia dell’uomo, ha un rapporto con questo evento supremo della vita di Cristo. Nella Croce c'è assieme l'umiliazione e l'esaltazione di Cristo come abbiamo sentito dalla seconda lettura della Messa: “Cristo Gesù umiliò se stesso… Per questo Dio lo ha esaltato”. (Fil 2,8.9) E l’Apostolo precisa in che è consistito questo umiliarsi: nel “farsi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (cf. Fil 2,8). Noi siamo invitati oggi a guardare a Cristo Crocifisso con uno sguardo di fede per sperimentare il perdono dei nostri peccati e la salvezza.  “Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua croce hai redento il mondo”! Così abbiamo cantato nell’Alleluia, e così ripetiamo insieme. Come il popolo di Israele – stanco per il suo viaggio fu invitato ad alzare lo sguardo verso il serpente issato sul bastone da Mosè – così noi veniamo invitati ad alzare lo sguardo verso Gesù Crocifisso. E tenere fisso lo sguardo verso il Crocifisso vuol dire tenere fisso lo sguardo sul suo modo di amare fino in fondo. “Chiunque, infatti, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita”! (Nm 21,8). Chiunque, dopo essere stato ferito dal peccato, guarderà al Crocifisso, sarà salvo, perché – come proclama il Prefazio di questa Messa – il Padre ha stabilito la salvezza dell’uomo nell’albero della croce. La festa del SS. Crocifisso ci fa conoscere un aspetto del suo cuore che solo Dio stesso poteva rivelarci: la ferita provocata dal peccato e dall’ingratitudine dell’uomo diventa fonte, non solo di una sovrabbondanza d’amore, ma anche di una nuova creazione nella gloria. Dal costato di Cristo  morente sulla croce sono scaturiti sangue ed acqua simboli dei sacramenti della Chiesa. Attraverso la follia della Croce, lo scandalo della sofferenza può diventare sapienza, e la gloria promessa a Gesù può essere condivisa da tutti coloro che desideravano seguirlo.  La morte, la malattia, le molteplici ferite che l’uomo riceve nella carne e nel cuore, tutto questo diventa, per la piccola creatura, un’occasione per lasciarsi prendere più intensamente dalla vita stessa di Dio. Questa festa oltre a ricordarci il mistero della Redenzione e ci dice che Croce che esalta la persona umana perché è un segno dell’amore infinito che in questa Croce si è manifestato per la salvezza di ogni uomo e  ogni donna. Il nostro mondo, oggi più che mai, ha bisogno di gente che – con la sua vita e con le sue scelte e a costo di essere messo in Croce , come il prossimo beato don Pino Puglisi- denunzia le logiche contrarie a quelle dell’amore che si dà fino alla Croce. Coloro che uccidono e opprimono gli altri con la violenza di stampo mafioso, con il pizzo e con l’usura, con il commercio della droga, anche se partecipano alla processione, non possono dirsi seguaci  devoti di Cristo Crocifisso ma schiavi dell’Anticristo. Il nostro mondo ha bisogno di contemplare Cristo Crocifisso perché ha bisogno di amore, di giustizia, di libertà, di pace. Gesù Cristo Crocifisso ci aiuta a dare senso a tutta la nostra vita.  Ha  detto il servo di Dio don Luigi Giussani : “Se voi vi immaginate di essere sotto la croce e di guardar su al volto di Cristo che sta per morire, se guardate ai suoi occhi che vi fissassero, che per un istante vi fissassero, e voi li guardate per quell’istante, non ve li potete più togliere;per tutta la vita poi, guardando il sole, guardando il cielo, guardando il mare, guardando le stelle, guardando le mura di casa vostra, la spada di quello sguardo non si dimentica più. Non come un terrore che avanzi, ma come una strana bontà che vince”.  Guardare a Cristo Crocifisso che è anche il Pantocratore colui che da consistenza a tutte le cose e lasciarsi guardare da Lui è  la chiave di svolta, che  da senso a tutta la nostra esistenza e alla storia del mondo. Solo Gesù ci ha guardato con compassione  come pecore senza pastore, cioè persone  che ignorano il significato vero della propria esistenza. Lasciamoci guardare dal Crocifisso e guardiamo il Crocifisso per far nostra quella sua compassione per noi stessi e per i nostri fratelli.  Michele Pennisi

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