Le “Piaghe di Monreale”: la “morte” dei primogeniti maschi (ma non solo)

Sergio Calderaro

Dal paese di Frodo

Le “Piaghe di Monreale”: la “morte” dei primogeniti maschi (ma non solo)
Tornano gli scritti del nostro amico Sergio Calderaro. Che ha una visione tutta sua sulla situazione attuale della nostra cittadina

13 Aprile 2015 - 11:00

Tornano “le piaghe di Monreale”, un racconto in più puntate ideato da un nostro amico, Sergio Calderaro che, con una penna ironica e pungente al tempo stesso, ha raccontato le sfaccettature (negative) della nostra Monreale. Ed oggi, forse il paragone è azzardato, per carità, ma Sergio spiega la “morte dei primogeniti maschi”. Di cosa si tratta? Scopritele leggendo il testo.

Oggi vi parlerò della piaga che per vastità e gravità ritengo una della peggiori. Somiglia a quella detta “della morte dei primogeniti maschi” che pare si fosse scatenata nell’antico Egitto come l’ ennesima punizione inferta agli Egiziani. In che cosa consisteva è semplice da dire: nel breve volgere di qualche anno il paese aveva perso gran parte dei suoi cittadini più giovani e non solo i primogeniti maschi, ma anche le femmine. Dire dove erano finiti è un po’ più difficile. C’è chi dice che alcuni erano migrati verso il nord della nazione, molti erano andati in altri paesi Europei, altri addirittura erano finiti con lo sbarcare altre gli oceani conosciuti in altri lontanissimi paesi. Dire perché questo fosse successo è ancora più complicato, in quanto in tutte le cose che regolano le attività, i comportamenti e i fenomeni umani le cause non sono mai semplici.

Alcune cose però, dalla lettura anche di altri documenti che il Professore Talpa (che uomo eccezionale) mi ha fornito, mi sembra di avere capito. Sembra infatti che il tessuto del vecchio paese fosse stato disgregato da tanti fattori, che messi insieme, avevano provocato quella che come vi dicevo sembrava una vera e propria moria dei suoi abitanti, specialmente più giovani. Tra le varie cause andavano sicuramente annoverate le occasioni mancate. Quelle occasioni, cioè, che se si ha il coraggio e la capacità di cogliere contribuiscono a fare crescere gli uomini e la società. Perché si perdessero occasioni così importanti era sotto gli occhi di tutti. Mancava un’idea organizzativa e di sviluppo che tenesse conto delle caratteristiche del vecchio paese, una capacità progettuale che consentisse di muovere risorse e attivare la partecipazione dei cittadini. I punti di ritrovo importantissimi del paese erano considerati come una sorta di peso per le amministrazioni che si erano succedute per diversi anni.

Erano stati chiusi cinema, teatri, biblioteche, i vecchi punti dell’aggregazione e dell’incontro erano lentamente passati da una trascuratezza colpevole ad un abbandono totale. La scuola tentava di recuperare un qualche valore, come meglio poteva, ma le scuole, a loro volta non godevano di grande spolvero. Erano infatti vecchie, se non proprio vecchie, malandate, se non malandate, persino cadenti. Era anche per questi e per altri motivi che non abbiamo modo e spazio di illustrare in maniera approfondita che i giovani (all’inizio i più grandi : i primogeniti) e poi via via pure gli altri decidevano che forse la vita era meglio viverla da un’altra parte. Lì dove c’erano il lavoro, un’assistenza, un supporto, una cultura, insomma una civiltà vera e contemporanea e non un vago ricordo di altre civiltà certo prestigiose ma certo non più presenti. I cervelli e le risorse umane (pessima definizione) andavano via perché semplicemente il vecchio paese non c’era più e quello nuovo non era mai stato neanche pensato. Anche i primogeniti che erano rimasti, anche se fisicamente sembravano tra di noi, in realtà erano lontani mille miglia dalla realtà che li circondava e non capivano i perché di uomini adulti che pensavano come se i giovani non esistessero.

Ps: Siccome conosco i miei polli un commento lo aggiungerò da solo : “ …Se per quello neanche i vecchi. “

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