San Giuseppe, l’omicidio di Concetta Conigliaro, il Tribunale conferma le pene per i Caltagirone

Redazione

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San Giuseppe, l’omicidio di Concetta Conigliaro, il Tribunale conferma le pene per i Caltagirone
I due sono accusati di aver aiutato il marito a disfarsi del cadavere della moglie

30 Ottobre 2014 - 13:00

Ancora un passo avanti nel procedimento penale sulla morte di Concetta Conigliaro, la donna la cui scomparsa da San Giuseppe Jato, avvenuta l’11 aprile scorso e segnalata ai Carabinieri della locale Stazione solo il 15 maggio dalla madre, era finita nella tragedia del rinvenimento di parte dei suoi resti carbonizzati nelle campagne tra San Cipirello e Camporeale. Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo (Sostituto procuratore De Leo e dottoressa De Somma) e condotte dagli investigatori dell’Arma di Monreale, hanno infatti superato positivamente anche il vaglio del Tribunale del Riesame, chiamato a pronunciarsi sulle misure coercitive disposte nei confronti di Vincenzo ed Antonio Caltagirone, padre e figlio pregiudicati ed arrestati lo scorso 6 ottobre con l’accusa di aver aiutato Salvatore Maniscalco a disfarsi del cadavere di Concetta.

I due, lo ricordiamo, erano stati notati dai vicini di casa dell’uxoricida, nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa, mentre lo aiutavano a disfarsi di ferraglia varia, tra cui un fusto metallico del tutto simile a quello nel cui verranno trovati parte dei resti umani. Subito dopo la macabra scoperta gli investigatori avevano trovato nella loro abitazione altre 7 taniche per carburanti simili a quella rinvenuta affianco ai resti ed immagini sacre, anch’esse simili ad una ritrovata affianco ai resti ed incompatibile con la fede evangelica del marito e della vittima. Peraltro l’esito degli accertamenti tecnici sui liquidi contenuti nella tanica rinvenuta e su quelle sequestrate in casa dei Caltagirone hanno dimostrato la perfetta compatibilità per tipo di carburante.

I Caltagirone, che già di fronte all’Autorità Giudiziaria non avevano saputo fornire chiare spiegazioni e che si erano appellati alla loro attività di raccolta di rifiuti ferrosi per giustificare quegli strani traffici, sono stati infatti smentiti dall’assenza di conferimento di materiali presso il centro di smaltimento che era stato per anni il loro interlocutore commerciale.

Hanno inoltre deposto a loro sfavore le intercettazioni ambientali operate sulla vettura loro in uso e quelle telefoniche: nel corso delle conversazioni captate i due avevano infatti cercato di concordare versioni “di comodo” da esporre di fronte a Pm e giudici, contestualmente manifestando il timore di venire coinvolti nella vicenda penale e quello, veramente concreto, di venire arrestati.

Il Tribunale del Riesame ha integralmente accolto la tesi accusatoria, respingendo le istanze della difesa e confermandone le misure cautelari della custodia in carcere per Antonino e dei domiciliari per Vincenzo, anche sulla scorta della gravità degli elementi sopra citati e della personalità dei soggetti emersa dai loro precedenti, nonché dalla spregiudicatezza che traspariva dai loro intendimenti onde evitare l’addebito delle responsabilità attribuitegli. Entrambi, peraltro, sono stati condannati al pagamento delle spese.

Ancora un tassello che va ad inserirsi nel mosaico complesso ed articolato di una brutta storia di violenza, ormai però ampiamente avviatasi verso l’epilogo processuale che ne attribuirà definitivamente ruoli e responsabilità.

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