Nino Dina, la Procura chiede l’obbligo di dimora

Redazione

Cronaca

Nino Dina, la Procura chiede l’obbligo di dimora
Fu pure assessore a Monreale nella Giunta di Filippo Di Matteo. Per i magistrati sarebbe "socialmente pericoloso", per i suoi rapporti con le cosche

26 Ottobre 2016 - 12:27

“E’ socialmente pericoloso”, per questo la Procura di Palermo ha chiesto la sorveglianza speciale e l’obbligo di dimora per l’ex deputato regionale (ed ex assessore a Monreale con Filippo Di Matteo ndr.) Nino Dina. L’udienza in cui verrà discussa la richiesta dei pm è stata fissata per il prossimo 20 dicembre.

Secondo la sezione misure di prevenzione del tribunale, presieduta da Giacomo Montalbano, renderebbero pericoloso Dina, i suoi rapporti con esponenti di Cosa nostra. Sono tante infatti le inchieste che lo hanno visto coinvolto negli ultimi anni. Inchieste che lo hanno comunque visto quasi sempre pulito, tranne nell’inchiesta che lo ha visto finire anche se per sole 24 ore agli arresti domiciliari per corruzione elettorale.

Come scrive Repubblica: “è proprio su quella mole di materiale probatorio che i pm del “gruppo misure di prevenzione” coordinato dal procuratore aggiunto Dino Petralia hanno chiesto l’applicazione delle misure di prevenzione personali nei suoi confronti”.

Dal 2005 ad oggi, sono tante le situazioni in cui il nome di Dina è venuto fuori. Fu il pentito Nino Giuffrè a fare il suo nome per primo, indicandolo come vicino alle cosche, ma le sue dichiarazioni non ebbero alcun seguito. Stessa cosa pochi mesi dopo, nella circostanza venuta fuori nel processo per le “talpe” in Procura che poi avrebbe visto finire in carcere Cuffaro, secondo cui proprio nelle tasche di Dina viaggiasse il famoso tariffario della Sanità che Cuffaro, allora presidente della Regione, avrebbe concordato con Michele Aiello assicurando al patron di Villa Santa Teresa gli enormi guadagni per prestazioni convenzionate pagate dalla Regione molto di più che nel resto d’Italia.

Ma il perno della richiesta di misura di prevenzione a carico di Dina è l’inchiesta – continua Repubblica -, coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, che a settembre 2014 portò all’arresto di cinque esponenti delle cosche di Palazzo Adriano con i quali il parlamentare regionale avrebbe intrattenuto rapporti e ricevuto sostegno elettorale. “Cosa nostra ha votato per Nino Dina in quella zona”, disse il procuratore aggiunto Agueci, spiegando anche, che non era stata mossa nessuna contestazione al parlamentare perchè la vecchia enunciazione del reato di voto di scambio politico-mafioso (poi riformato), richiedeva la prova che il politico avesse pagato in denaro il sostegno elettorale.

Per i pm la prova di “legami della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano con l’onorevole regionale Nino Dina”, sono gli esponenti mafiosi ripresi uscire dalla segreteria di Nino DIna in Corso Calatafimi e le intercettazioni, dove Antonino Di Marco, Nicola Parrino e Pasqualino D’Ugo (tutti arestati) si riferiscono a lui come di una persona “con cui si può parlare”.

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