“Figghi ri dio e mutu cu sape u jocu”: il reportage del Comitato Pioppo Comune

Raimondo Burgio

Cronaca

“Figghi ri dio e mutu cu sape u jocu”: il reportage del Comitato Pioppo Comune
Il livello di indagine comunale ha gettato un’ombra oscura sulla capacità gestionale delle singole persone e i responsabili

30 Luglio 2016 - 11:49

Ieri sera a Pioppo la presentazione del video “Figghi ri dio e mutu cu sape u jocu”, un reportage realizzato dal Comitato Pioppo Comune e che verrà nei prossimi giorni pubblicato sul canale Youtube di Summacco TV.

Partendo dal caso della ex cava della Ranteria a Monreale, usata impropriamente durante l’ultima gestione Ato come spazio per l’accatastamento di detriti indifferenziati, è emerso un quadro sulla situazione siciliana per cui la gestione dei rifiuti urbani è ancora del tutto legata all’uso della discarica. Erano presenti oltre ai soci delle associazioni locali, l’onorevole Mariella Maggio del Pd, membro della IV commissione Ambiente all’Ars e il comandante di stazione dei Carabinieri di Pioppo, il maresciallo Giuseppe D’Agostino.

Il livello di indagine comunale ha gettato un’ombra oscura sulla capacità gestionale delle singole persone e i responsabili, come l’ex assessore ai rifiuti Pippo Lo Coco, che ha fatto emergere una totale confusione, e inadeguatezza allo svolgimento di un qualsivoglia ruolo dirigenziale. Mancanza di prospettiva anche nelle parole della Segretaria Comunale Domenica Ficano, molto lacunaria nelle argomentazioni, indeterminazione nell’atteggiamento di Giuseppe Cangemi attuale assessore al ramo.

Il quadro generale che emerge ci dice che: al nostro Comune non sono noti i dati della differenziata eseguita, parlano di dati pubblici che però non appaiono mai (forse perché questo tipo di raccolta è pressoché inesistente), il disastro dovuto all’Ato ha fatto degenerare il servizio in passato e pregiudicato la gestione ordinaria attuale, in ogni dove si scorgono delle discariche diffuse sul territorio, gli assessori preposti non hanno le idee chiare sul da farsi e manca la definizione di una vera strategia fosse anche un “sogno” in merito a quel che sarà la strada verso cui incamminarsi.

Appare chiaro che c’era voglia di sotterrare rifiuti ed errori dentro la cava e il sequestro da parte della Polizia Municipale con l’avvento della giunta Capizzi è significativo. Ma in tutto il sud, mancano gli impianti per trattare e avviare a riciclo i rifiuti, le politiche siciliane di prevenzione latitano e i rifiuti speciali, anche pericolosi, continuano a finire troppo spesso nelle maglie delle ecomafie e della criminalità ambientale. Questa è la realtà attuale quando invece dovremmo avviarci verso il 50% di riciclo dei rifiuti urbani, come chiede lìUnione Europea. Il documento presentato si è soffermato sulla fase di denuncia e si è autocompiaciuto alla fine con un colpo di teatro, quando ha inserito una citazione del terrore di cittadini in provincia di Catania che vivono a contatto con le discariche.

E’ mancato però il passaggio di cosa significhi fare un corretto e innovativo sistema di riciclaggio partendo dalla differenziata. Capiamo il dettaglio e l’approfondimento, ma la comunicazione ha subìto qua e là dei cali a causa dell’elevato rimando ai testi normativi. Si poteva dire che la filiera del riciclaggio dell’organico batte l’incenerimento su tutti i fronti: fa crescere l’occupazione, diminuisce i costi di realizzazione e gestione degli impianti, fa bene all’ambiente ma anche alle tasche dei cittadini.

Purtroppo l’inchiesta e l’accusa politica hanno leggermente prevaricato sul taglio generale di un documento ben fatto, ma si percepiva soltanto che occorre una politica governativa atta ad incentivare concretamente la filiera del riciclo e del riuso piuttosto che nuove discariche o inceneritori. Più posti di lavoro, minori costi per la realizzazione degli impianti, minori costi di conferimento e nessun onere per lo smaltimento dei residui a questo porta la raccolta differenziata.

La Meriam Research (un istituto di ricerca specializzato), ha fatto una analisi comparative su due imprese del ciclo dei rifiuti, una che gestisce un impianto di termovalorizzazione di nuova costruzione e una che cura un impianto di compostaggio e digestione anaerobica, e il risultato è chiaro: ad ogni occupato nell’impianto di incenerimento corrispondono tre occupati in quello di compostaggio; gli oneri finanziari al servizio dell’investimento per la costruzione del termovalorizzatore (400 milioni di euro) sono molti rilevanti (15 milioni di euro annui) e assorbono metà del risultato economico lordo; il costo di conferimento sopportato dalle amministrazioni locali per tonnellata conferita è mediamente di 103 euro per l’incenerimento (e senza il contributo dei certificati verdi inevitabilmente il costo di conferimento crescerebbe almeno sino a 115 euro), e di 83 euro per il compostaggio.

Inoltre, gli oneri che la società che gestisce l’inceneritore deve sostenere per lo smaltimento di scorie (pari al 22%) e le acque di risulta ammontano a 9 milioni di euro. Da noi invece resta la costante ricerca della discarica, intrappolati come siamo nel cercare l’angolo di tappeto sotto cui mettere la polvere e incapaci di alzare lo sguardo verso altri orizzonti. I nostri amministratori non si muovono verso l’obiettivo “Discarica zero” entro il 2020 e per un uso circolare delle materie. Il ciclo di vita (LCA) delle cose deve portare verso un impatto ambientale nullo o meglio negativo, ma di questo passo ci resteranno sempre le lamentazioni e i reportages a vita.

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